Morto Pierluigi Concutelli il “nero” con Palermo nel cuore

Home Cronaca Morto Pierluigi Concutelli il “nero” con Palermo nel cuore
Morto Pierluigi Concutelli  il “nero” con Palermo nel cuore

A casa sua oggi è morto l’ergastolano Pierluigi Concutelli detto “il comandante”, una vita tra politica, violenza neofascista e galera.

Galera, per la verità, poca. Benché condannato al carcere a vita per gli omicidi del magistrato Vittorio Occorsio (1976), di Ermanno Buzzi (1981) e di Carmine Palladino (1982) Concutelli ottenne la semilibertà dopo meno di 25 anni di carcere. Gli furono concessi i domiciliari e gli fu consentito di uscire grazie al “lavoro” offertogli da un altro terrorista nero, il plurinquisito Maurizio Murelli. Gli fu poi sospesa per due anni la pena detentiva. Da ultimo si trasferì ad Ostia, a casa di un altro personaggio inquietante della destra estrema, Lele Macchi di Cellere, nome aristocratico ma non certo santerellino.

Come mai Pierluigi Concutelli – feroce terrorista appartenente ad Ordine Nuovo e protagonista degli “anni di piombo” più bui per la nostra nazione – ha goduto tante agevolazioni? Un inconfessabile legame possiamo supporlo con i servizi e gli apparati deviati dello Stato. Ben noto è invece quello con Palermo, città in cui lui, romano (era nato nel 1944), si trasferì giovanissimo e dove si iscrisse ad Agraria ed iniziò l’attività politica, anche se aveva frequentato l’ambiente neofascista della capitale fin da quando aveva quindici anni.

A Palermo Concutelli frequentò assiduamente Francesco Mangiameli, leader in Sicilia di Terza posizione ed ideatore nel 1979 del progetto di evasione da un ospedale palermitano dove Concutelli avrebbe dovuto essere ricoverato, dopo aver simulato un attacco di ulcera all’Ucciardone dove era detenuto.
Il piano fallì ma val la pena ricordare che, secondo gli inquirenti, un fiancheggiatore era il neofascista Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova, politico ora in gran voga con un passato da latitante.

I ragazzi che oggi hanno venti anni non sanno che l’Italia negli anni ‘70 e ‘80 rischiò il baratro della guerra civile a causa dei crimini più efferati della lotta armata tra opposti estremismi.

A Palermo la ferocia degli “anni di piombo” maturò negli ambienti della destra eversiva con personaggi che fin dal tempo del “separatismo siciliano” avevano come problema prioritario e assillante l’eliminazione degli avversari politici.

Si consideri, al riguardo, il principe palermitano Gianfranco Alliata di Montereale, un monarchico nostalgico, parlamentare, uscito indenne dalle vicende penali che lo videro coinvolto a partire da quando il suo nome risuonò tra i mandanti della prima strage della Repubblica, l’eccidio di Portella della Ginestra, essendo stato il suo accusatore avvelenato per tempo in una cella dell’Ucciardone.

Un’esistenza rimasta nell’ombra, sebbene Gianfranco Alliata di Montereale (1921-1994) sia stato un protagonista che ha attraversato per mezzo secolo le vicende eversive italiane.
Il magistrato Giovanni Tamburino, che ne ha ricostruito la biografia, scrive: lo troviamo a fianco del presidente degli Stati Uniti e seduto al tavolo da poker con Buscetta, nella fondazione di una massoneria universale e tra i congiurati della Rosa dei Venti, vicino a Junio Valerio Borghese e in rapporti con vertici militari, della diplomazia e degli affari.

Anche Gianfranco Alliata di Montereale ha chiuso la sua esistenza terrena agli arresti domiciliari.

Condividilo:

Lascia un commento