SANT’AGATA 2020, “SEMU UNITI TUTTI” VIVA SANT’AGATA

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SANT’AGATA 2020, “SEMU UNITI TUTTI” VIVA SANT’AGATA

di Carmelo Santangelo

Sant’Agata, una ricorrenza che emozione davvero tutti, vicini e lontani, laici e cattolici, una festa che unisce e ci insegna ad amarci gli uni gli altri così come è dimostrato con l’offerta della cera a Sant’Agata de giorno tre febbraio, una processione di alcuni kilometri di gente sotto l’insegna di Associazioni, Comitati, Parrocchie, comuni della provincia di Catania Messina, Enna ed un gran numero di turisti giunti anche da molto lontani, ma poi c’è anche la diretta TV che soddisfa anche chi è impossibilitato assistere di presenza.
Sant’Agata è rappresentata anche, come abbiamo ascoltato ai microfoni in piazza Stesicoro nelle omelie della messa in parrocchia “Sant’Agata Vetere” prima della processione, dalla violenza alle donne, dalle tratte di donne dell’Est e dall’Africa, dai malati al seno, dai bisognosi e dagli ultimi. E’ questo il vero miracolo di Sant’Agata perché ha questa virtù quella di radunarci attorno alle sue miracolose spoglie.
MEMORIE E LEGGENDE DI SANT’AGATA
Biografia: nata l’8 settembre 230 a San Giovanni Galermo, un quartiere alla periferia di Catania, morta a Catania il 5 febbraio 251 (20anni) E’ stata una vergine e martire latina, patrona di Catania e di altre città. l suo nome compare nel Martirologio da tempi antichissimi. Dalla Chiesa cattolica è venerata e ricordata il 5 febbraio (data della sua morte). Una donna, quindi, con ruolo attivo nella comunità cristiana: una diaconessa che aveva il compito, fra gli altri, di istruire i catechesi e preparare i giovani al battesimo, alla prima comunione e alla cresima.
E’ protettrice dei Vigili del Fuoco, fonditori di campane, balie, nutrici, infermieri, tessitrici. Devozioni particolari: Invocata contro le malattie del seno, gli incendi e le eruzioni vulcaniche.
Nell’anno fra il 250 e il 251 il proconsole Quinziano, si invaghì della giovinetta e, saputo della consacrazione, le ordinò, senza successo, di ripudiare la sua fede e di adorare gli dei dell’impero. Al rifiuto deciso di Agata, il proconsole la affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie, persone molto corrotte, dedite alla prostituzione sacra. Il fine di tale affidamento era la corruzione morale di Agata, arrivando a tentare di trascinare la giovane catanese nei ritrovi dionisiaci e relative orge, allora molto diffuse a Catania, ma Agata contrappose l’assoluta fede in Dio; Quinziano diede avvio ad un processo e convocò Agata al palazzo pretorio. Breve fu il passaggio dal processo al carcere e alle violenze con l’intento di piegare la giovinetta. Inizialmente venne fustigata e sottoposta al violento strappo di una mammella. In tema giuridico, la Lex Laetoria, che proteggeva i giovani d’età compresa tra i 20 e i 25 anni, soprattutto giovani donne, il processo di Agata si chiuse con un’insurrezione popolare contro Quinziano, che dovette fuggire per sottrarsi al linciaggio della folla catanese. La leggenda vuole che Quinziano durante la fuga annegò nei pantani del fiume simeto.
La tradizione indica che nella notte venne visitata da San Pietro che la rassicurò e ne risanò le ferite. Infine venne sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. La notte seguente l’ultima violenza, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella.
STORIOGRAFIA
Popolarissimo proverbio dialettale: (Quannu a Sant’Aita a rubbanu ci ficiunu i canceddi ri ferru). Traduzione in italiano: (Dopo che sant’Agata fu rapita gli fecero i cancelli di ferro)
Le reliquie della santa furono trafugate nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace e custodite a Costantinopoli.
Nel 1126 due soldati dell’esercito bizantino, di nome Gilberto e Goselino (uno di origine francese e l’altro calabrese), le rapirono per consegnarle al vescovo di Catania Maurizio al Castello di Aci, odierna Aci Castello.
Il 17 agosto 1126, le reliquie rientrarono nel duomo di Catania. (Data in cui si celebra il culto con una solenne ricorrenza).
Questi resti sono oggi conservati in parte all’interno del prezioso busto in argento (parte del cranio, del torace e alcuni organi interni) e in parte dentro a reliquiari posti in un grande scrigno, anch’esso d’argento (braccia e mani, femori, gambe e piedi, la mammella e il velo).
Altre reliquie della santa, come ad esempio piccoli frammenti di velo e singole ossa, sono custodite in chiese e monasteri di varie città italiane e estere.
Il velo. La storia racconta che durante il martirio con i carboni ardenti una donna coprì con il suo velo la Santa: si tratta del cosiddetto velo di Sant’Agata, il quale venne più volte portato in processione come estremo rimedio per fermare la lava dell’Etna e le calamità naturali. Esso si trova in un reliquiario conservato nello scrigno d’argento contenente tutte le reliquie della santa.
Il sacco: è una tunica bianca, l’abito delle diaconesse consacrate a Dio.
Numerose sono gli avvenimenti miracolosi citati nel corso dei secoli, quest’ultima la trovo più geniale: Santa Lucia di Siracusa, quasi coetanea di Sant’Agata, andò con la madre gravemente ammalata a pregare sulla tomba di Agata per implorarne la guarigione. Narra la leggenda che Lucia, mentre pregava, ebbe una visione nella quale sant’Agata le disse: «perché sei venuta qui quando ciò che mi chiedi puòi farlo anche tu? Così come Catania è protetta da me, la tua Siracusa lo sarà da te.» La madre di Lucia guarì e Lucia dopo poco venne martirizzata.

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