“Accadeva un anno fa”: Claudio Baglioni, 50 anni della nostra vita.

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“Accadeva un anno fa”: Claudio Baglioni, 50 anni della nostra vita.

In attesa di poterlo incontrare ancora, di poter ancora cantare a squarciagola le sue poesie (per adesso note soltanto le date romane del Tour “DODICI NOTE: CONCERTO PER VOCE, SOLISTI, ORCHESTRA E CORO” dal 6 al 18 giugno 2020 alle Terme di Caracalla), un flashback dell’emozione del live 2018 ad Acireale, dedicato ai suoi cinquant’anni di carriera e ai ricordi di noi tutti, di chi lo ama perdutamente e di chi chiunque sfido non riesca a classificare un’epoca con una qualsiasi delle sue canzoni, i suoni delle emozioni“…

<<Pala-Tupparello, 4 Novembre: terzo giorno di concerto, aggiunto per il numero di richieste. Non è bastato e Claudio ha aggiunto un altro appuntamento: tornerà in primavera, come le rondini. E’ la prima volta che arrivo ad un concerto praticamente solo un’ora prima dell’inizio; è la prima volta che ho il posto in platea, quarta fila. Non l’ho mai visto così da vicino e di concerti di Claudio ne ho visti tantissimi: Acireale, un sacco di volte, Teatro Antico di Taormina, Stadio di Catania, Stadio di Messina…un sacco di volte! Faccio un giro intorno al palco, grande, quadrato, tutto in ordine, gli strumenti allineati, tutti i bassi, la fisarmonica, le sue chitarre. Addirittura per caso sono capitata accanto all’ingresso di musicisti e ballerini. Anche lui passerà da qui. Non ci posso credere! Sono come un’innamorata che è arrivata in anticipo al suo primo appuntamento … e speriamo non vada come in “Lampada Osram”, perché lei aspetta invano. No, Claudio non è mai mancato ad un impegno.
Dalla tribuna, per far passare il tempo, un gruppo comincia a cantare “ ‘O sole mio”. Bravissimi. Tutto il Pala-Tupparello applaude. Tutti aspettiamo. E lui arriva, puntuale alle 21,00: non ha mai tardato un minuto, mai e non ha mai fatto pause. Tre ore di concerto senza smettere. Stasera, io lo aspetto ma non so cosa aspettarmi: non ho visto il concerto da Verona in Tv di proposito. Non volevo anticipazioni. E arriva: una fila di musicisti e ballerini con giacca, cappello e valigia e lui è l’ultimo. Si sveste degli accessori, “indossa” la chitarra, si scambia un’occhiata con Paolo Gianolio (insieme da sempre) e comincia il viaggio, meraviglioso…”Questo piccolo grande amore, Viva viva viva l’Inghilterra, Porta Portese, E tu, Solo, Amore Bello, Poster, Io me ne andrei, Tu come stai?,Via, Fotografie, I Vecchi, Ragazze dell’Est, Un po’ di più, E adesso la pubblicità, Note di notte, Mille giorni di te e di me, Noi no, Cuore di aliante ……tutte per intero, gli arrangiamenti originali.
Fantastico tutto il circo di ballerini che si è portato dietro: ragazzi e ragazze, bellissimi! Acrobati, funamboli, ginnasti, bravissimi! Diventano qualsiasi cosa Claudio stia cantando: in questa notte di note, qualsiasi sogno viene materializzato. Sul palco come un ologramma si compongono tutti i nostri pensieri , i personaggi scritti e chissà, immaginati sempre così, prendono forma: la ragazza con la maglietta fina, il militare che compra i jeans, le ragazze con la pelle candida, il grande mago. Ed io le canto tutte, le so tutte, tutti le sappiamo tutte! “Avrai, avrai, il tuo tempo”: accanto a me, un ragazzo prende per mano la ragazza e inginocchiandosi sul corridoio fra le sedie, le mette un anello al dito e non riesco a sentire, ma sicuramente le sta chiedendo di sposarla. Lei diventa rossa e si commuove. Tutti li fotografano e riprendono, come si usa oggi. Io mi vergogno, li guardo e auguro loro ogni bene. Sono giovanissimi, ma io lo ero di più quando sentii per la prima volta una canzone di Claudio, “E tu”, in una trasmissione in una tv in bianco e nero; avevo dieci anni e mi sembrò fosse adatta e tanto vicina alle emozioni che mi davano le favole ed i primi romanzetti che leggevo. Giocavo con la Barbie e immaginavo come sarebbe stato innamorarsi. Ogni anno che crescevo, le canzoni di Claudio erano lì ad accompagnarmi, l’estate con le sue finestre aperte sulla campagna in villeggiatura e la radio ad altissimo volume, il braccio dello stereo portato sempre indietro a ripetere continuamente tutte le canzoni, le cassette consumate e mio padre che bussava alla porta e mi diceva “abbassa un po’ il volume, non occorre che lo sentano in tutto il paese, è sufficiente che lo sentano solo nel quartiere!”. Ed io ci mettevo un po’ ad emergere dai miei sogni: “io canterò solo, da solo camminerò”…” Noi ci perdemmo dentro il rosso di un tramonto fino a gridare i nostri nomi contro il vento, è troppo bello per essere vero, per essere vero”. Il juke-box alle “Gole dell’Alkantara” (meta di ogni gita estiva), veniva preso di mira ed ogni moneta, una canzone di Claudio. Innamorata per anni del mio primo amore scolastico che mi faceva tribolare, le canzoni di Claudio erano lì a parlare per me: “ passerotto non andare via, io me ne andrei, …voglio andar via.. io ti voglio, quanto ti voglio, quante volte ti ho pensato mentre mi graffiavi il cuore..”
E poi, sono arrivate le mie figlie ed io col pancione, ascoltavo e riascoltavo Claudio, affinché loro lo conoscessero da subito. E negli anni ti ho raggiunto laddove ci davi appuntamento: lunghissime file in autostrada, serpentoni enormi, transenne, aprite la borsa, panini ed acqua nello zaino, biglietto ecco, siamo entrati, corse per raggiungere i posti migliori sugli spalti senza numerazione.
Sono cresciuta con le canzoni di Claudio ed il mio amore non ha subito rallentamenti, anzi: stasera mi rendo conto che non ho mai smesso di farmi trascinare da quei pensieri espressi sempre con poesia. “Seduta con le mani in mano sopra una panchina fredda del metrò“… sul palco ballerini vestiti da barboni che si portano d’appresso cartoni che diventano ali. Colori, scie di colori, bombette ed ombrelli. Maghi, cavalli col muso illuminato; bambole con abiti di luce; principesse che si portano al seguito uno specchio enorme. E lui sempre lì, a muoversi intorno al perimetro per farsi vedere da tutti, a sorridere a cantare con noi; guarda verso di noi, io gli sorrido e spero, come tutti, che si sia accorto di me…
“Siete ancora qui? Che resistenza che avete! Grazie!” E alza la mano che impugna la chitarra, in alto verso il cono di luce degli enormi riflettori. E ci ringrazia, lui ringrazia sempre. “Certo, sicuramente la vostra età media si aggira intorno ai 17/18 anni?!” E tutti sorridiamo: caro Claudio, era l’età  – anno più, anno meno – che la stragrande maggioranza di noi aveva 50 anni fà, quando hai cominciato a cantare e stasera siamo qui, insieme a te a cantare con te come se avessimo 17/18 anni…”Io sono vivo e sono qui e vengo dentro a prenderti…”
Palloncini rossi, tanti e Claudio e tutta la compagnia ci salutano! Sono stanca, senza voce, le braccia e le gambe mi fanno male per come mi sono agitata, ma sono felice. Stasera, un angolo tutto mio. Hai sempre riempito tutti gli angoli incerti della vita della stragrande maggioranza di coloro che sono qui, come fanno le canzoni, in genere. Ecco il grande potenziale della musica che viene cantata e riproposta: far ricordare, funzionare da antidolorifico, amplificare un dolore, ma dare un senso a quel momento, ai nostri momenti. Sono passati 50 anni ed io sono qui a cantare “Sabato pomeriggio” trattenendo dentro al petto la voglia di piangere dalla gioia …
La vita è adesso /Nel vecchio albergo della terra/E ognuno in una stanza/E in una storia/Di mattini più leggeri/E cieli smarginati di speranza/E di silenzi da ascoltare/E ti sorprenderai a cantare/Ma non sai perché…>>

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