PALERMO: DOMENICA GRATUITA NEI MUSEI E AREE ARCHEOLOGICHE STATALI

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PALERMO: DOMENICA GRATUITA NEI MUSEI E AREE ARCHEOLOGICHE STATALI

Ogni prima domenica del mese non si paga il biglietto per visitare monumenti, musei, gallerie, scavi archeologici, parchi e giardini monumentali dello Stato.  Anche a Palermo quindi, alcuni musei e siti archeologici di provincia saranno aperti al pubblico gratuitamente.

Castello della Zisa

Museo

Castello della Zisa

 

La Zisa (dall’arabo al-Aziza ovvero “la splendida”), costruita nel XII secolo, fu concepita durante la dominazione normanna in Sicilia  come dimora estiva dei re, rappresenta uno dei migliori esempi del connubio di arte e architettura normanna. La sua fondazione si deve al regno di Guglielmo I, ma conclusa soltanto sotto quello di Guglielmo II. Il palazzo venne realizzato alla maniera “araba” da maestranze di origine musulmana, come successe ad altre residenze reali. Ci si ispirò ai modelli dell’edilizia regia dell’Africa settentrionale e dell’Egitto, sottolineando i forti legami che la Sicilia continuò ad avere, in quel periodo, con il mondo culturale islamico del bacino del Mediterraneo. Dal 1991 la Zisa ospita il Museo d’arte Islamica.

Il castello è famoso anche per la leggenda dei Diavoli della Zisa. Nell’arco di ingresso alla sala della fontana, si trova un affresco che raffigura una serie di personaggi mitologici, con al centro Giove e intorno Nettuno con il suo tridente, Plutone, Giunone, Mercurio, Vulcano, Venere, Marte, ecc…, detti diavoli. Secondo la leggenda questi diavoli sono lì per custodire un tesoro nascosto dentro il castello ed il 25 marzo, giorno dell’Annuciazione, se qualcuno prova a fissarli, avrà serie difficoltà a contare esattamente il loro numero, perché cominceranno a muoversi e a confondere lo spettatore.

Museo Archeologico Regionale

Museo Antonio Salinas

 

Formatosi nel 1814 come Museo dell’Università, dove erano confluite alcune delle principali collezioni archeologiche e storico-artistiche di Sicilia, divenne Museo Nazionale nel 1860: da quel momento vi si raccolsero altre importantissime collezioni e materiali provenienti da vari siti.

Fulcro dell’esposizione rimane la sala che ospita da oltre centocinquanta anni le famose metope dei Templi selinuntini, definito il più importante complesso scultoreo dell’arte greca d’Occidente, adesso arricchito dalla contestuale esposizione di nuovi frammenti e di una consistente selezione di terrecotte architettoniche che conservano ancora la originaria, vivace policromia; scoperte nel 1823 dagli architetti inglesi Angell e Harris, che ne avevano tentato il trasferimento nel regno Unito.

I sovrani Borbone donarono al Museo diversi reperti di grande pregio provenienti da Pompei e da Torre del Greco, mentre scavi e acquisti a cura della Commissione di Antichità e Belle Arti contribuirono ad accrescere le collezioni. Nel 1865, ad esempio, grazie all’impegno di Michele Amari, fu acquistata la collezione di antichità etrusche costituita da Pietro Bonci Casuccini con i ritrovamenti avvenuti nei suoi terreni in territorio di Chiusi (SI).

Tra le più importanti acquisizioni si ricorda quella della cosiddetta “Pietra di Palermo”, con iscrizioni geroglifiche recanti gli annali delle prime cinque dinastie egizie (3238-2990 a.C.), di importanza capitale per la ricostruzione della storia dell’antico regno d’Egitto.

Dopo l’unità d’Italia, anche i Savoia donarono al Museo diverse opere, tra cui il magnifico ariete in bronzo da Siracusa. Ma fu soprattutto l’afflusso di materiali provenienti da scavi e acquisti effettuati in gran parte della Sicilia che determinò la rilevanza e il ruolo centrale del Museo, in particolare sotto la direzione di Antonino Salinas (1873-1914), fermamente convinto che l’Istituto dovesse illustrare la storia siciliana dalla preistoria all’età contemporanea. Gli anni del dopoguerra furono fondamentali per la storia dell’Istituto che, da quel momento, divenne esclusivamente Museo Archeologico, destinando alla formazione di altre Istituzioni museali cittadine le collezioni storico artistiche ed etno-antropologiche facenti parte originariamente del proprio patrimonio.

Dal 2009 al luglio 2016 il seicentesco complesso monumentale dei padri Filippini, che ospita il Museo Salinas, è stato sottoposto a un integrale lavoro di restauro. Attualmente è possibile visitare il nuovo allestimento del piano terra – rinnovato nelle forme e nei contenuti – che ospita la parte più rilevante delle collezioni arricchita dalla recente apertura della terza corte “la nuova agorà del Salinas” dove trovano esposizione il monumentale frontone del Tempio C di Selinunte e lo straordinario complesso scultoreo delle gronde leonine del tempio di Himera.

Castello a mare

Area archeologica monumentale

Castello a mare

 

Fino al XX secolo è stato il fondamentale baluardo di difesa del porto di Palermo.

Costruito nel IX secolo, in età arabo-normanna, venne restaurato e ingrandito progressivamente nel corso dei secoli, a seconda delle esigenze espresse dai vari governi e dalle diverse dominazioni.

Residenza preferita dall’imperatore Federico II per i suoi soggiorni in città, dal XV° secolo il Castello ebbe funzione di residenza del governo vicereale e, a seguito della rivolta popolare capeggiata da Gianluca Squarcialupo nel 1517, anche dello stesso vicerè che vi si trasferì per maggiore sicurezza.

Successivamente, per un breve periodo, e in maniera non proprio continua, fu sede del Tribunale della “Santa” Inquisizione spagnola, introdotta in Sicilia fin dal1487 da Ferdinando d’Aragona, con le sue anguste e tristemente note prigioni sotterranee, e una cappella per i condannati a morte.

Nel 2009, in occasione di scavi iniziati nel 2006 per restituire alla città i resti di un insediamento arabo in piazza XIII Vittime, è stato rivalutato, riportato parzialmente alla luce per diventare il nucleo del Parco archeologico del Castellammare.

Il sito è oggi sede di concerti e grandi eventi legati al territorio di Palermo.

Palazzo Mirto

Museo regionale di Palazzo Mirto

Palazzo Mirto

 

Palazzo Mirto è stato per quattro secoli la dimora palermitana della antica e nobile famiglia dei Filangeri, il cui arrivo in Sicilia si fa risalire al periodo normanno. Il titolo di Mirto perviene al casato attraverso Giuseppe Filangeri e Spuches, nominato nel 1643 “primo principe di Mirto”, dal nome di un feudo ricadente nel territorio di Messina.

L’edificio è il risultato di numerose trasformazioni che si sono succedute nei secoli.

Nel 1982, l’ultima erede della famiglia, la nobildonna Maria Concetta Lanza Filangeri, adempiendo alle volontà del fratello Stefano, donò il palazzo alla Regione Sicilia affinché fosse mantenuto nella sua integrità e aperto alla pubblica fruizione. Il palazzo e così strutturato: Al piano terreno le ex carceri, la grande e piccola cucina, le scuderie ove sono custoditi carrozze, calessi e finimenti del secolo XIX, costituenti la raccolta Martorana Genuardi dei Baroni di Molinazzo, ormai di proprietà dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali, i magazzini, gli ambienti destinati alla servitù, che con il terzo piano, sede dell’amministrazione della casa, completano la struttura del palazzo.

Il primo piano, o piano nobile, presenta una sequenza di ambienti sontuosamente arredati, che si susseguono uno dopo l’altro, intorno ad un cortile pensile con una splendida fontana barocca e culminanti nel Salone del Baldacchino e nel Salone degli Arazzi.

Il secondo piano, pur contenendo ambienti destinati ad un uso sociale, ma per una più ristretta cerchia di amici, era riservato alla vita privata della famiglia.

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