La luna nel pozzo

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La luna nel pozzo

 

Ottima prova d’attrice di Lina Giuffrida al Teatro Zigzag

Si è tenuta recentemente a Catania presso il Teatro Zigzag di Catania, la benemerita realtà teatrale messa su da quasi otto lustri da Letizia Catarraso e Filippo Aricò e che ha scelto di educare al teatro soprattutto i bambini ma anche gli adulti, la rassegna “Monologhi in Mono Loco”, una maratona teatrale di attori che recitano per bambini, giovani, adulti e anziani.

Una due giorni in cui 4 attori si sono cimentati in quattro monologhi originali che hanno toccato temi serissimi in maniera comprensibile anche, e soprattutto, dai bambini.

Ha concluso in bellezza la rassegna il monologo ” A luna ,ndo puzzu” scritto e interpretato da Lina Giuffrida. Attrice di sicuro valore che nella sua città natale, ch’è Santa Maria di Licodia, è impegnata in attività di cultura espressiva (Danza, teatro e canto) tutte rivolte ai fanciulli e ai giovani.

Il monologo si sviluppa tutto attorno ad un pozzo delle meraviglie, fonte di saggezza e ispirazione, rassegnazione e speranza per l’umanità che vi si accosta. Un pozzo nel quale c’è tutta l’umanità, quella che soffre e quella che spera. Una umanità che l’attrice interpreta in svariati ruoli partendo da quello che è, a tutti gli effetti, un  sacerdote della Verità che nella tradizione siculo catanese ed ha nome Giufà; il maldestro personaggio che ha accompagnato l’infanzia di tutti noi con le sue avventure apparentemente strampalate ma cariche di risvolti simbolici e di didattica per adulti, esortandoci ad abbandonare le convenzioni che  portano all’infelicità e ad abbandonarci alla naturalezza dei comportamenti e del linguaggio che è il primo gradino del travaglio che porta all’essere come si è e al benessere che ne consegue.

Levità e simpatia sono le caratteristiche con le quali Lina Giuffrida ha colorato il personaggio per la gioia degli spettatori.

Nella seconda parte del monologo l’attrice/autrice si è cimentata in una silloge di testi di impegno civile in difesa degli ultimi, di quelli che soffrono, di quelli che vivono nella speranza di un futuro migliore, dei disperati, degli ultimi.

Di notevole impatto sugli spettatori – perché ben recitato – il monologo di Alessandro Baricco, tratto dal suo libro “Novecento”, dal quale Giuseppe Tornatore ha tratto l’omonimo, incantevole film, sull’avvistamento dell’America, dal ponte della nave che li trasporta, da parte dei migranti italiani.

L’America di allora significava la speranza di una vita nuova, migliore di quella di prima; ma l’America è universale, ce l’abbiamo tutti. Ognuno di noi ne ha una nel cuore, nel cervello, spesso per tutta la vita ce l’ha, senza mai vederla. I più fortunati ad un certo momento la vedono comparire all’improvviso dalla nebbia che ha avvolto la loro vita e gridano: “l’America!, l’America!”, ch’è il sole che illumina il buio della loro esistenza. Non sanno, spesso, che dopo un’America ce n’é sempre un’altra e un’altra ancora, perché le americhe sono tante quante sono i nostri desideri. Buon’America a tutti.

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