Interventi per il settore Ittico: l’ A.P.M.P. invia una richiesta di audizione alla Camera.

Home Economia Interventi per il settore Ittico: l’ A.P.M.P. invia una richiesta di audizione alla Camera.
Interventi per il settore Ittico: l’ A.P.M.P. invia una richiesta di audizione alla Camera.

In Liguria  il coordinatore regionale dell’  A.P.M.P. – Associazione Pescatori Marittimi Professionali  Mario Guerrasio  incontra il neo Assessore comunale allo sviluppo economico del Porto di Genova Avvocato Francesco Maresca  nominato dal Sindaco di Genova Bucci  lo scorso mese di settembre.

L’iniziativa voluta dal neo delegato alle attività del mare e dal rappresentante del settore Pesca  nasce al fine di far conoscere le realtà del comparto spesso trascurato dalla politica locale, regionale e nazionale, e, quindi al fine di poter aprire un dialogo costruttivo e risolutivo con le istituzioni a partire dal Comune di Genova.

Il  Vice Presidente Nazionale A.P.M.P.  Pasquale Giorgio Giunta  scrive al Presidente della Camera dei Deputati per esporre dei fatti riguardanti il settore e per formalizzare una richiesta di Audizione in Commissione.

La proposta di legge “Interventi per il settore ittico e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale. Delega al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore” è, indubbiamente, una iniziativa che suscita grande interesse per gli obiettivi e le finalità cui è orientata. La pesca, infatti, è una voce importante dell'economia, non solo italiana ma di tutti quei paesi bagnati dal mare. Come tutte le attività, la pesca va opportunamente regolamentata, tenendo conto
del forte impatto ambientale, per fare sì che il prelievo non sia superiore alla capacità riproduttiva della natura, prendendo, peraltro, in considerazione tutte le criticità rispetto alle quali il settore da anni chiede adeguate soluzioni non più procrastinabili.
Una pesca indiscriminata, senza nessuna regola, senza dare all'ambiente la possibilità di riprodursi farebbe sì che la risorsa dell'economia si trasformi nella distruzione dell'ambiente, causando anche la perdita di migliaia di posti di lavoro.
La pesca, praticata con diversi attrezzi viene classificata in artigianale, professionale, industriale, a seconda delle dimensioni delle imbarcazioni utilizzate.
La pesca professionale viene effettuata con imbarcazioni più grandi, con equipaggi più numerosi, ad una distanza più elevata dalle coste di quella artigianale, con sistemi di conservazione che comprendono la congelazione del pescato e l’aggiunta di sostanze, soprattutto nei crostacei per aumentare la durata di conservazione.
Di solito la tipologia di attrezzi da pesca è uguale, varia la grandezza o la lunghezza in funzione della diversa stazza delle imbarcazioni e dalla potenza dei motori.
La pesca industriale viene effettuata da navi da pesca che operano negli oceani con equipaggi che si alternano e con quantità enormi di pescato e di conseguenza guadagni in proporzione maggiori.
Nel Mediterraneo si effettua la pesca professionale con grossi pescherecci d’altura e per la maggior parte la pesca artigianale con pescherecci di piccole dimensioni ed equipaggi ridotti.
La caratteristica della pesca artigianale è data dalla stazza ridotta delle imbarcazioni, dal numero esiguo degli equipaggi e da una periodicità legata alle condizioni climatiche, con conseguenti periodi di inattività durante i mesi invernali.
Il pesce viene immesso in commercio, spesso, tramite mercati locali presso i quali si riforniscono i commercianti ittici.

Il pescato in quantità, talvolta, esigue riuscirebbe comunque a garantire redditività alle piccole imprese se non dovesse competere con l'importazione selvaggia, frequentemente o quasi sempre spacciata per prodotto nazionale. A tutto ciò, si aggiungono le regole europee, elaborate dai Paesi del Nord Europa, consone e adeguate per gli oceani, non certo per le specie ittiche mediterranee di taglia più ridotta.
Il settore ha così pagato in questi anni una scarsa presenza incisiva in Europa, al contrario di tutti quei Paesi che considerano l’ Unione Europea per quello che è: una grandissima opportunità da sfruttare, mandando tecnici a gestire e sfruttarla a proprio favore.
Chiaramente in materia di pesca molte decisioni provengono dall’Europa e gli Stati membri attuano quanto deciso in Consiglio, con poco spazio per le decisioni personali.

Occorre, pertanto, essere più presenti e autorevoli in Europa, inviando tecnici competenti in materia, con capacità di contrattazione politica, poiché solo se si riesce a coinvolgere tutti i Paesi comunitari del Mediterraneo si riuscirà a contrastare l'egemonia dei Paesi del Nord Europa.

Nel Mediterraneo, comunque, si è arrivato al paradosso per cui: mentre i pescatori italiani pescano con regole inadatte ai nostri mari, si trovano, allo stesso tempo, a dover concorrere con i pescatori del Nord Africa che quelle regole non hanno, non avendo limitazioni alle maglie delle reti che usano, nessuna limitazione delle taglie minime pescabili, nessuna limitazione nella lunghezza dei palangari né nel numero degli ami, usano reti derivanti per la cattura dei grandi pelagici come il pesce spada, ed inoltre con il loro pescato invadono i nostri mercati facendo crollare i prezzi, decurtando i nostri guadagni già scarsi dovuti alle regole inique, sì da creare una forte concorrenza sleale.
Praticamente le regole valgono solo per i pescatori italiani che osservano e rispettano le dimensioni delle maglie delle reti, specie di quelle a strascico, le taglie minime, come se i pesci mediterranei fossero grandi come quelli atlantici; sottostanno a periodi di fermo delle attività di pesca non osservati, invece, dagli altri paesi rivieraschi, continuando a praticare sforzo di pesca persino con
attrezzi non leciti. Un problema questo che va affrontato urgentemente, per evitare ulteriori danni al settore ittico, già profondamente in crisi.
Nel Mediterraneo, comunque non è solo la Comunità Europea a dettare regole stringenti, anche la FAO, tramite qualche sua consociata ha recentemente stabilito zone di riproduzione ittica, dove è proibita la pesca a strascico. Zone queste individuate con criteri scientifici piuttosto discutibili, nelle quali si dovrebbero riprodurre naselli e gamberi rosa che vengono considerati a rischio di forte sfruttamento, ignorando volutamente che queste due specie sono vittime di altre specie concorrenziali e predatorie che in caso di sospensione di pesca aumenterebbero a dismisura, in modo sì naturale, ma non permettendo la voluta riproduzione di quelle specie per cui si è arrivati alla chiusura di queste zone così importanti per la piccola pesca artigianale non in grado di affrontare grandi distanze di navigazione.
Difatti, proprio a partire dal 10 luglio u.s. è entrato in vigore il Regolamento n. 982 del 2019, il quale ha trasposto in diritto unionale, la Raccomandazione CGPM/40/2016/4 che “istituisce un piano pluriennale di gestione per le attività di pesca che sfruttano il nasello europeo e il gambero rosa mediterraneo nel Canale di Sicilia”, vietando le attività di pesca, con reti a strascico, nelle zone denominate: “Est del Banco Avventura”, “Ovest del Bacino di Gela”, ed “Est del Banco di Malta”.
Tutto ciò ha ineluttabilmente comportato effetti negativi e penalizzanti sui pescatori.
Come già detto, questa misura proibitiva non garantisce affatto la riproduzione del nasello e del gambero rosa nelle zone interdette, giacché occorrerebbe eliminare le specie predatorie che ne impediscono di fatto il ripopolamento, così come più volte dimostrato scientificamente anche da enti di ricerca nazionali con studi condotti sulle risorse ittiche del Mediterraneo.
Noi siamo convinti che bisogna iniziare a regolamentare tutto il comparto pesca, e che questo è solo l’inizio, ma se consideriamo solo la salvaguardia, tra l'altro neanche tanto garantita, dell'ambiente, con la sola eliminazione della pesca e dei pescatori non crediamo che quella sia quella la soluzione giusta.
Tra  l’ altro pare che venga presa in considerazione solo l'imprenditoria ittica, non tenendo in nessuna considerazione gli equipaggi che spesso vengono remunerati solo ed esclusivamente se si pesca!

Esempio tipico è il fermo di pesca, periodo durante il quale le barche restano a terra, senza nessun guadagno. La stessa cassa integrazione straordinaria in deroga, di poche centinaia di euro spesso non viene corrisposta che dopo anni. Si pensi che per istanze inoltrate nel 2017, ancora ad oggi nel 2019 si attendono i relativi pagamenti, creando difficoltà economiche per l’operatore della pesca, costretto da un lato all’inattività, dall’altro a dover subire un ritardo nei pagamenti dovuto ad
eccessive lungaggini burocratiche.
Equipaggi che affrontano il lavoro per 43 anni contributivi o 67 anni di età (in attesa di ulteriori elevazioni dell’età pensionabile) lavoro che spesso è svolto in ambienti non certo salubri e spesso in preda a brutte condizioni meteorologiche che rendono il lavoro fortemente usurante dal punto di vista psicofisico. Di precipua importanza sarebbe, dunque, il riconoscimento da parte dell’Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) del lavoro del pescatore come “usurante” e gravoso, in modo tale da non essere costretti a lavorare in mare sino ai 67 anni, impedendo, d’altra parte, un ricambio generazionale nel settore.
Chiaramente va rivisto in modo serio tutto il comparto, perché a fronte degli aiuti, sacrosanti, alle imprese, non corrisponde neanche la considerazione sindacale dei lavoratori del mare.
L’ultimo studio scientifico serio, comunque, è stato quello del CNR, di una decina di anni fa, durato diversi anni, che ha quantificato lo stock ittico del Canale di Sicilia, giudicandone soddisfacente la consistenza, chiedendo comunque ai politici ed agli operatori del settore una regolamentazione in materia, sia per quanto riguarda lo sforzo di pesca, che con riguardo ai periodi di fermo e ai periodi
di interdizione totale di alcune specifiche zone per favorire il ripopolamento ittico.
Stiamo comunque parlando di un'epoca storica in cui la flotta era il doppio di adesso e le dimensioni delle maglie e degli attrezzi da pesca in generale era totalmente diversa.
Come mai non sono più stati chiesti pareri scientifici al CNR, tra l'altro ente statale? Come mai più che studi scientifici ci si basa sulle statistiche?
Si chiede, pertanto, una sempre maggiore attenzione all’intero settore ittico così da risolvere, nel breve periodo, i problemi ad esso connessi.

 

Condividilo:

Lascia un commento