L’impressionante evoluzione de “La Lupa”

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L’impressionante evoluzione de “La Lupa”

“La Lupa” mostra in modo impressionante l’evoluzione compiuta – nel genere letterario del verismo italiano – dal tema dell’amore, della passione, che era sempre stato congeniale a Giovanni Verga, il più delle volte affrontato con taglio di farsa maliziosa, talvolta con taglio tragico. Qui, nel Verga, il tema è ricondotto a una sensualità primitiva, sullo sfondo di una natura spietata – i campi aridi, bruciati dal sole, affogati nella calura – dove le passioni si esercitano – con irreprimibile violenza, fatali come nella tragedia antica.
Con “La Lupa”, di Giovanni Verga, ci troviamo in una tragedia che sarebbe di per sé complicatissima, che ha tutta un’illustre storia artistica, dai poeti greci all’Alfieri, e che lo stesso Verga si è provato ad adombrare in creature elementari. Ormai sappiamo che questo è il suo ufficio di poeta nuovo: cogliere nei primitivi gli stessi drammi, che una letteratura dotta ha fino ad allora rappresentato in personaggi illustri. Quello della Lupa è precisamente il dramma etico della sensualità. C’è una specie di terrore religioso, diffuso in tutto il testo teatrale, per il peccare disperato e fatale di questa donna. Di questo terrore religioso e invasa la stessa protagonista, la quale subisce la sua colpa, il suo desiderio peccaminoso, come una legge inesorabile e imperscrutabile; essa accetta tutte le tragiche conseguenze del suo peccare, con una calma eroica, quasi con la serenità di chi affronta un martirio. La passione del desiderio le dà una superiorità disumana: non è esagerato dire che essa è un’eroina, una martire fermissima del suo stesso peccare. In cotesta risolutezza tragica è precisamente il suo riscatto. Anche nei momenti più espansivi della passione, quando la dolcezza di un’immagine sembra un alito di freschezza e di refrigerio, — come quelle parole di una semplicità antica … -Ti voglio! Tu che sei bello come il sole, e dolce come il miele … Voglio te! -, anche in quei momenti di abbandono idillico, c’è sempre la mestizia intrisa di quel sentimento feroce, che è come l’inferno intimo dell’anima per la trista passione.
Domenica 5 Marzo, 17,30 e 20,30, nel Teatro “Nelson Mandela” di Misterbianco. Regia di Silvio Salinari con Lilia Romeo (Gnà Pina), Michele Anello(Nanni Lasca), Simona Santagati (Mara), Sebastiano Mancuso (Malerba), Adelaide Caserta (zia Filomena), Silvio Salinari (padre Angiolino), Mimmo Mauri (Cardillo), Laura Guidotto (comare Grazia),  Roberta Micalizzi (comare Lia), Sebastiano Alario (Nunzio), Federico Sapuppo (Bruno); Beatrice Anello, Maria Chiara Marino, Vanessa Allegra, Dalila Rapicavoli, Claudia Sapuppo e Maria Vittoria Calì (le bambine). Direzione artistica Dino Di Mauro, audio e luci Evolution Sound, fotografia Antonio Calì. Presenta Loredana Amato.

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