WhatsApp: il “cortile” dei nostri giorni e la mancanza di sano buonsenso.

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WhatsApp: il “cortile” dei nostri giorni e la mancanza di sano buonsenso.

Di Maria Carmela Nicolosi

In tantissime case italiane, fino a poco meno di cinque anni fa, verso le 06:00 del mattino, l’implacabile driin della sveglia ci dava il buongiorno.
Sveglia che, quasi per mistero, durante la notte si era spostata autonomamente sul comodino e ci rendeva difficoltosa l’operazione di spegnerla; seguiva qualche borbottio, uno stiracchiamento assonnato e via in cucina per cominciare a pervadere la casa con l’aroma di caffè.
La giornata di una famiglia con bambini in età scolastica, cominciava più o meno cosi: caffè, colazione, dentini da lavare, letti da rifare, merenda per i bambini a scuola, un rapido controllo agli zainetti, l’immancabile grembiulino e via, tutti fuori per seguire le proprie attività scolastiche per i bambini e, lavorative e di impegni vari per i genitori.
Oggi le cose sono leggermente cambiate: sempre più spesso la cara vecchia sveglia viene mandata in pensione, per lasciare posto alle varie app dei moderni smartphone che, sostituiscono spesso il caro consolidato e temuto driin con le dolci note de “ Il mattino – Edvard Grieg” o più in generale con la colonna sonora che abbiamo impostato per segnare il nostro risveglio.
Fondamentalmente non ci sarebbe nulla di anomalo, la tecnologia ha fatto i suoi progressi e, come logica conseguenza, ci siamo adattati, modificando anche le abitudini più tradizionalmente radicate.
Il problema si pone, quando, alle dolci note del risveglio, susseguono gli allert di whatsApp e d’emblée ci si ritrova con almeno un centinaio di notifiche già fin dalle prime luci dell’alba.
Ecco il vero triste buongiorno dei giorni nostri nelle famiglie con bambini che vanno a scuola: il gruppo delle mamme.
In barba ad ogni minimo accenno di buonsenso e buona creanza, come dicevano i nostri nonni, dall’alba al tramonto ed anche oltre, tristemente ad ogni ora del giorno e della notte, immancabilmente, chi più chi meno, quotidianamente, siamo chiamati a far i conti con miriadi di notifiche WhatsApp.
“Ragazze buongiorno, oggi c’è un lieve accenno di pioggia, ma voi mandate i bambini a scuola ?” ovviamente il tutto anticipato o immediatamente seguito dall’immancabile gif con gattini sotto la pioggia contornati da fiorellini e cuoricini vari: questo segna ormai tristemente le nostre mattine.
Mediamente in una classe ci sono almeno una ventina di bambini e, come logica conseguenza, arrivano a raffica almeno altri 18 messaggi: “io certamente si” “anch’io”, “io vorrei tenerlo a casa ma purtroppo lavoro, la tata costa troppo, i nonni non possono tenerlo, il gatto ha il raffreddore e dovrò portarlo dal veterinario” e altre improponibili problematiche personali.
Ai primi 19 tristissimi inconcludenti messaggi, seguono in rapida successione emoji con le faccine più improbabili e dai significati molto spesso totalmente sconosciuti, commenti e like vari e commenti dei commenti, che in meno di 3 minuti diventano interminabili.
Si, lo so, state cercando di fare i conti, siamo partiti con una classe di 20 bambini, 19 erano i primi
messaggi, vi giuro che so contare, vi svelo l’arcano del messaggio mancante: manca il mio, che mi
rifiuto di rispondere.
Perché? Semplice: ho 3 bambini, tutti alle elementari, quindi le notifiche che ricevo, nel mio caso si
moltiplicano esponenzialmente e si fa presto a capire il motivo: mediamente ogni classe ha almeno
2 gruppi, quello “ufficiale” dove spesso viene inserito anche uno o più insegnante e quello solo
delle mamme, utilizzato meramente a mò di cortile per tutti quegli impropri messaggi che,
pubblicamente dobbiamo tenere nascosti alla classe docente.
Nei casi più “fortunati” si aggiunge il terzo gruppo, che viene utilizzato per concordare il regalino
di compleanno al festeggiato di turno e che esclude di volta in volta, la mamma del festeggiato;
anche questo, discutibile perché il parametro è uguale per tutti, quindi sempre la stessa cifra da
mettere, sempre la stessa persona che si occupa di andare ad acquistare un pensierino e sempre,
l’immancabile amica della mamma del piccolo festeggiato che, ha saputo casualmente dalla
mamma del piccolo che gli piacerebbe ricevere questo o quell’altro gioco.
In buona sostanza il gruppo del compleanno è una sorta di sub-agenzia delle entrate che
ciclicamente ti presenta uno pseudo f23 da pagare in contanti e brevi mani davanti ai cancelli della
scuola.
Fondamentalmente però, purtroppo sempre più spesso, anche le consuete comunicazioni scuolafamiglia,
un tempo rigorosamente trascritte sul diario e da firmare perentoriamente, oggi vengono
affidate agli ormai onnipresenti messaggini WhatsApp.
L’ultima circolare scolastica che informa dell’impossibilità di garantire il normale svolgimento
delle lezioni a causa del probabile sciopero del personale in servizio di quella determinata sigla
sindacale, comincia online il suo tour di condivisioni; si aggiungono anche i messaggi che la
referente di classe, invia privatamente alla rappresentante per informarci che, come ogni anno, con
l’avvio dell’attività scolastica, sono stati segnalati casi di pediculosi e si esorta a controllare i propri
figli ed adottare idonee misure di prevenzione e controllo al fine di evitare il propagarsi del
problema.
Si aggiungono anche le immancabili note di servizio, con le quali magari, ci informano che
contrariamente a quanto previsto dall’orario delle lezioni, il giorno dopo, bisogna dare al bambino il
materiale di italiano piuttosto che quello di grammatica.
Messaggi importanti, che purtroppo si perdono nei meandri dei futili commenti e frivolezze varie.
Tanto bella la tecnologia che, purtroppo, viene troppo spesso in malo modo utilizzata, rendendo uno
strumento cosi immediato e diretto, totalmente inutile e ingestibile.
Vani tutti i solleciti e gli inviti che la scuola in primis e i media a seguire, ciclicamente ci inviano
esortandoci ad un utilizzo eticamente corretto dei gruppi WhatsApp e dei social in genere.
Vorrei poter essere una mamma anti-social, vivere offline concretamente, anche perché di fatto già
lo faccio, avendo mio malgrado, silenziato tutti gli allert di notifica dei vari gruppi: defilarmi dalle
inquietudini dei gruppi delle mamme classe, gruppo mamme bambini a karate, calcio, danza e
quant’altro l’infinita fantasia della mamma social di turno suggerisce.
Vorrei chiudere le mie giornate con un buon libro in mano da leggere senza, dover necessariamente
dover fare i conti con l’immancabile senso di colpa che mi assale, costringendomi a cercare tra gli
infiniti messaggini gli avvisi e le comunicazioni di servizio alle quali da mamma dovrei prestare
attenzione, vorrei riuscire a seguire le attività dei piccoli senza dovermi imbattere nei commenti
sulle avversità climatiche, sul menù giornaliero per il pranzo o la cena, sulla matita sparita a scuola
o, sul più banale dubbio esistenziale se far indossare al proprio piccolo una maglia verde piuttosto
che blu.
Ma so, tristemente che resterei “fuori dal mondo” pseudo virtuale e che risulterei anacronistica,
obsoleta e antidiluviana se, decidessi di abbandonare tutti i gruppi nei quali, spesso a mia insaputa,
mi ritrovo inserita.
Forse, sarebbe più semplice, cedere alla tentazione, farmi sedurre dalle lusinghe dell’essere
amministratrice di un gruppo e, crearne uno mio con il quale proporre una petizione da divulgare e
condividere per perorare una causa tanto folle quanto legittima, scrivere al ministero della pubblica
istruzione per inserire di diritto la “netiquette” come materia di studio, obbligatoria, fin dalla prima
elementare!

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