Gershwin e Ravel al Teatro Antico di Taormina

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Gershwin e Ravel al Teatro Antico di Taormina

Taormina saluta l’estate, con un’altra serata dedicata alla musica, a cura del Teatro Massimo Bellini di Catania e della sua orchestra sinfonica, nell’ambito della rassegna “Bellini Bellezza Belcanto”, che ha regalato momenti di grande musica agli spettatori del Teatro Antico, lungo una serie di spettacoli andati in scena durante tutta la stagione.

Questa volta tocca alla maestosità di Maurice Ravel e al geniale sperimentalismo di George Gershwin, intrattenere un pubblico sempre più attratto dalla musica colta, e che grazie ai sempre più frequenti appuntamenti inizia ad apprezzare un genere, spesso  esclusivo di una platea di appassionati.

Il torrido caldo estivo ha lasciato spazio a una serata che annuncia il mite autunno siciliano, e nonostante le misure di sicurezza imposte dall’emergenza sanitaria in corso, i settori del teatro appaiono  decisamente nutriti.

L’energia del direttore d’orchestra Christopher Franklin pervade la platea, con la sua espressività, e rivela ancora una volta la sua indiscussa natura poliedrica, capace di spaziare dal Nabucco a Jackie O di Michael Daugherty. È una presenza fortissima sul palco, vibrante ed esplosiva, evidentemente divertito a dirigere l’orchestra della città in cui celebrò il suo matrimonio assieme alla consorte 17 anni fa, come rivela egli stesso al pubblico alla fine della rappresentazione.

Le note di Gershwin riscaldano l’ambiente con l’Ouverture cubana, un brano che mescola gradevolmente un insieme di sonorità esotiche e classiche, riprendendo i ritmi della rumba. Strumenti che i solitamente sono  confinati all’ambito della musica folk, quali le maracas e le clave (sorte di woodblock utilizzati nella musica etnica cubana), si iscrivono perfettamente nell’impianto dell’orchestra sinfonica. È l’esaltazione della forma ternaria: se il primo movimento esalta gli ottoni e le sonorità più calde e festose, la seconda sezione vede il trionfo degli archi, che restituiscono al pubblico la drammaticità narrante e la solennità richieste dal momento musicale. Sarà poi la parte terza, a esaltare le percussioni, e a concludere l’opera con quell’esplosione di sonorità che si potrebbe ascoltare in una calda notte a L’Avana.

Ed è sempre Gershwin protagonista, con la sua “Un americano a New York”, in cui le visioni del maestro newyorkese si concretizzano in un racconto autobiografico, relativo a un suo soggiorno nella capitale francese, poco dopo la fine della Grande Guerra.

Le melodie descrivono la città, la sua frenesia, il suo essere così distante dalle realtà rurali: i fiati esprimono la voce dell’agglomerato urbano, vibrante e rumorosa, laddove gli archi restituiscono un’idea di movimento che è possibile immaginare. La vena sperimentale di Gershwin lascia sbalordito lo spettatore, non certo per l’insolita presenza dei sassofoni all’interno di un’orchestra sinfonica, quanto per la presenza dei clacson (delle comuni trombe acustiche, come quelle che possono trovarsi sui manubri delle biciclette), il cui utilizzo non lascia spazio a equivoci sulla scelta del compositore, che rende in maniera impeccabile le tensioni sonore dell’ambiente urbano: se fosse un quadro, sarebbe probabilmente “La città che sale” di Umberto Boccioni, per le sensazioni che si creano nell’ascoltatore.

La chiusura dell’esibizione è affidata a Maurice Ravel, e a quel Bolero spesso celebrato dal cinema e dalla TV. L’opera esalta Franklin e l’orchestra, probabilmente per la maestosità che si persegue e raggiunge nel secondo movimento. Incuriosisce non poco la presenza della celesta, con la sua peculiare sonorità simile a un glockenspiel, il particolare arpeggio di violino, in funzione di accompagnamento armonico. La particolare struttura del brano richiede, come prescritto dall’autore, l’esecuzione in un unico tempo e l’inserimento delle varie componenti dell’orchestra, per aumentare lo spessore del suono.

Una serata di altissimo livello, in cui le sonorità di due tra i più celebrati compositori del XX secolo hanno dilettato l’uditorio, con brani fruibili anche al pubblico meno incline alla musica sinfonica.

 

(Foto di Nicola Spinella)

Il Maestro Christopher Franklin e l’Orchestra ringraziano in pubblico di Taormina
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