Quella “speciale dignità” dei cittadini del mondo

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Quella “speciale dignità” dei cittadini del mondo

Testo integrale del discorso pronunciato da Enzo Bianco davanti a Papa Francesco:

Rivolgo un saluto deferente ed insieme carico di affetto – se mi è consentito – a Papa Francesco, a nome dei sindaci aderenti all’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. Tutti. Indipendentemente dal colore politico, dalla fede religiosa, dalla posizione geografica, dalla grandezza della città.

Ed insieme desidero esprimere il ringraziamento più sincero per aver voluto questa giornata di riflessione e di impegno, senza precedenti.

Rivolgo un saluto cordiale ai sindaci e ai governatori presenti a questo straordinario appuntamento.

“L’essere umano è una creatura di questo mondo, che ha diritto a vivere e a essere felice, ed inoltre ha una speciale dignità”. Questa frase mi ha particolarmente colpito nella splendida enciclica “Laudato si'”. La definizione di essere umano coincide perfettamente con quella che ogni sindaco dovrebbe avere del proprio cittadino. Ed in fondo anche della propria città: anch’essa è un organismo vivente. Nasce, cresce, si ammala, guarisce, invecchia, muore. Anch’essa ha un carattere; ha pregi e difetti.

Io sono sindaco di Catania, un’antica città siciliana, adagiata su un grande vulcano, l’Etna; e perciò dinamica e operosa. Tante volte distrutta nella sua lunga storia, tante volte ricostruita.

Questo vulcano attivo è simbolicamente una sorta di torcia accesa che fin dalla preistoria ha guidato marinai di ogni provenienza.

Anche oggi migliaia di migranti vengono sbarcati sulle nostre coste, dopo avere rischiato la vita in una terribile odissea; e magari dopo aver visto morire figli, sorelle, genitori. A chi non abbiamo potuto donare un sorriso, una minestra calda, perché la nave ci ha consegnato solo corpi esanimi, abbiamo regalato una sepoltura dignitosa.

Corpi senza nome giacciono nel nostro cimitero in una tomba costruita dai ragazzi dell’Accademia delle Belle Arti. E in ogni tomba senza nome un verso di una bella poesia, “Migrazioni”, del premio Nobel africano Wole Soyinka.

“[…] Banchi di sabbia seguono i miei passi. Banchi di sabbia / di deserto, di sindoni incise dal fondo marino, / poiché alcuni se ne sono andati così, prima di ricevere / una risposta – Ci sarà il sole? / O la pioggia ? Siamo approdati alla baia dei sogni”.

C’è un termine arabo, miskìn, la cui radice ritroviamo in diverse lingue, dal turco al portoghese, dallo spagnolo al francese, al siciliano, con cui si indica una persona ridotta alla miseria più assoluta, senza più nulla da perdere se non la propria vita. E voglio dire di essere orgoglioso del fatto che la gran parte dei comuni italiani, a partire da quelli siciliani, pur tra mille difficoltà economiche, abbiano saputo accogliere i mischini, gli ultimi degli ultimi, senza restare sordi a quelli che Papa Francesco ha definito nell’enciclica “i gemiti degli abbandonati del mondo”.

La stragrande maggioranza dei comuni italiani, e anzitutto quelli della mia Isola che si sono sobbarcati per troppo tempo in solitudine l’onere della prima accoglienza, è stata all’altezza della sfida umanitaria. Anche se paure, tante volte immotivate, vengono create per generare insicurezza se non xenofobia.

Quasi come se nel mondo attuale potessimo rinchiuderci nel nostro Castello ed alzare il ponte levatoio.

Rivolgo un appello convinto ai media a non generare allarmismi ingiustificati; e alle forze politiche a non trasformare il dramma solo in una disputa elettoralistica.

E rivolgo il mio invito soprattutto all’Unione europea, affinché non nasconda la testa nella sabbia, perché accolga nelle forme possibili coloro i quali fuggono da guerre, da dittature, da estreme povertà. Perché sia all’altezza della sua storia e non volti le spalle a quella civiltà che ha saputo creare.

Anzitutto colpendo duramente – come hanno fatto i giudici della mia città – i trafficanti di esseri umani, criminali senza cuore e senza anima. E punendo, altrettanto severamente, coloro i quali sfruttano, come ridotti in una moderna schiavitù, i migranti arrivati sulle nostre coste, costretti ad esempio a lavorare in condizioni inumane in alcune zone agricole del nostro Paese. Noi siamo pronti a fare la nostra parte.

E così siamo decisi a impegnarci con rinnovata e crescente determinazione per la sostenibilità ambientale, per attenuare il cambiamento climatico determinato dall’uomo.

Molto possiamo fare, soprattutto nelle città, a partire da quelle più grandi, dove sempre più si concentra la maggioranza della popolazione del nostro pianeta.

Pensiamo solo alla mobilità urbana, all’esigenza di offrire alternative valide al trasporto privato su auto a benzina. Proprio due giorni dopo la pubblicazione dell’enciclica, i sindaci italiani, insieme con i rappresentanti del governo, si sono riuniti a Catania per stilare un impegno, una Carta per la mobilità sostenibile.

Miglioramento del trasporto pubblico su ferro, auto elettriche, piste ciclabili, car sharing. Ogni strumento utile per ridurre l’enorme spreco di energia e di produzione di CO2, va praticata concretamente.

E porteremo il nostro contributo al vertice sul clima di Parigi, non solo con idee, ma con azioni. Non dimenticando che in questa doverosa sfida dobbiamo avere, se occorre, il coraggio della impopolarità.

Tanti cittadini ci chiedono di far diventare le città sempre più a misura d’uomo: aumentare il verde, creare una mobilità sostenibile per limitare quell’inquinamento che dissemina lutti in ogni famiglia, lavorare per ridurre certi ritmi diventati ossessivi, inumani; creare piazze e parchi per ritrovare un rapporto con la natura e spazi di una socialità che, senza la mediazione del web, produce solidarietà e umanità.

Per questo noi sindaci italiani dichiariamo la nostra disponibilità ad un impegno crescente e a lavorare per provare a dare ai cittadini, creature di questo mondo, appartenenti alla grande famiglia degli esseri umani, “il diritto

di vivere ed essere felici”.

Enzo Bianco

Sindaco di Catania

Presidente del Consiglio nazionale dell’Anci

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