Nel nome di un Padre.

Nel nome di un Padre.

Diventare genitore, è uno straordinario percorso di vita, ma quel filo sottile tra il divenire un padre ed esserlo di fatto per amore, dei figli, fa la differenza del ruolo che si adempie. Sentire il proprio figlio come la parte migliore di te, venuto a completare l’esistenza di chi lo ha generato. Un piccolo bimbo, che dipende da mamma e papà. La testimonianza che leggeremo, ha come protagonista una famiglia speciale, dove un giorno di 19 anni fa, esattamente il 20 Gennaio del 2000 venne al mondo Federico, la mamma Angela il papà Gaetano e la sorellina Gaia, felici di accogliere, coccolare ed amare quel cucciolo d’uomo che aveva fatto capolino ampliando l’amore nelle loro vite. I mesi e gli anni scorrevano sereni, ma, ad un certo punto, intorno ai tre d’anni i genitori di Federico si accorsero che qualcosa in lui non procedeva fisiologicamente, come tutti i bambini di quella età. Le tappe evolutive che ogni bimbo attraversa, in lui d’improvviso si arrestarono, non parlò più; i genitori indagarono tramite visite mediche per capire se il bambino fosse sordo, ma non era quella la causa. Non si concentrava, non ascoltava non si fermava mai, non si rendeva conto dei pericoli che lo circondavano, non sosteneva lo sguardo. Fu visitato da specialisti, ma la diagnosi di spettro autistico era incerta, addirittura per qualche professionista, l’autismo era da escludere. Ma papà Gaetano e mamma Angela sospettavano che, Federico aveva qualcosa di oscuro e sconosciuto che, via via stava prendendo il sopravvento nella sua mente. L’autismo, gli fu diagnosticato all’età di cinque anni, appresa la notizia i genitori di Federico, furono giustamente devastati dal dolore. Da li, essi compresero che, il bambino e ragazzo futuro, sarebbe stato imprigionato per sempre nel corpo di un adulto, mantenendo una fanciullezza fragile nonostante tutti i mezzi che avrebbero messo a sua disposizione , circondandolo di opportunità su più fronti. Toccarono con mano, ben presto la visione esclusivamente assistenziale che le leggi italiane “prevedevano” per un soggetto affetto da autismo.-“Nella mia testa, c’era sempre quella parola: autismo.”- dice Gaetano Castro, papà di Federico-” Ripetevo a me stesso cos’era…Un disturbo o disordine neuropsichico infantile, caratterizzato dall’assenza di sviluppo della comunicazione e relazioni sociali, la persona affetta da autismo, crea un mondo suo, chiudendosi nel suo universo interiore. Come potevo dunque, comunicare con mio figlio?”- questo si chiedeva il padre di Federico. Ma cosa si poteva fare? Gaetano non si dava pace, eppure doveva esserci uno o più modi per entrare in comunicazione con suo figlio; ci sarebbe riuscito? Il dubbio lo faceva stare male. Oltre le terapie di psicomotricità e logopedia che seguiva regolarmente, volle provare a sfidare una mentalità rassegnata alla diagnosi dove, gli veniva ripetuto che sarebbe stato difficile anzi quasi impossibile riuscire a creare un rapporto di reciproco scambio, con tutti indistintamente. No, non era così ed avrebbe fatto di tutto per provarlo! Fu lui infatti, ad essere il primo educatore di suo figlio, lo osservò e capì una cosa importantissima; così come nella vita di noi normodotati potevano instaurarsi rapporti di antipatia oppure di empatia e fiducia, quella forse poteva essere la chiave d’accesso all’anima di Federico. Comprò un banco scuola, di quelli che si usano per far giocare i bimbi, un quaderno gli pose davanti varie cose che a lui piacevano, dal cibo ai giochi, alle video cassette, per portarlo a scegliere una di quelle cose preferite. Ed era proprio in quel momento in cui Federico voleva qualcosa, che Gaetano interveniva. Si sedeva davanti a lui e cercando un contatto visivo, gli diceva:-“Tu non ti alzi da qui se non mi dici, cosa vuoi! Federico si alzava, ed io lo risedevo, dieci, cento, mille volte, interi pomeriggi e giornate passate così. Lui piangeva ed io piangevo insieme a lui, le prime volte ha vinto, perchè per me era straziante vederlo piangere, ma un giorno mi ricordo era un giovedì successe il miracolo: lui, mi indicò cosa voleva, ero riuscito ad aprire un piccolo varco in quel muro di incomunicabilità, e pian piano quello spiraglio di luce divenne una voragine, così dopo tanto tempo ho raccolto un frutto prezioso. In seguito attraverso delle figure di riferimento che sono state, la sua prima maestra, Maria Antonietta della scuola materna e successivamente gli insegnanti di sostegno, Giuseppe ed Elena, alle elementari (che non ringrazierò mai abbastanza) lavorammo in sinergia per convergere ad obbiettivi che hanno concretamente aiutato mio figlio.”- Con determinazione ed AMORE, Federico è riuscito a comprendere come comunicare a suo modo e riesce a farsi capire. Adesso Federico fa parte di un bellissimo progetto portato avanti dall’ associazione: Controvento. (Metroct si è occupata con un articolo qualche anno fa) Questo progetto pone l’obbiettivo di far acquisire autonomia personale, tra le mura domestiche e nelle attività fuori casa. Il campus estivo, permette loro di essere coordinati dagli educatori che li guidano nelle azioni più semplici ma di conquista, come quello di andare a mangiare la pizza, (Federico ordina la pizza) pagare e farsi dare l’eventuale resto. Fare la spesa, le pulizie per vivere insieme nelle diversità. Spesso siamo portati a pensare ai genitori di un disabile come persone sfortunate che, un giorno per uno strano caso della vita, sono diventati genitori di un figlio” non normale,” quasi mai si pensa al rovescio della medaglia, ovvero alla ricchezza di amore che un figlio dona inconsapevolmente ai genitori. Un figlio vede nella mamma e nel papà un punto di riferimento, e li ama semplicemente così come sono. Perchè allora un genitore non dovrebbe amare suo figlio così com’è, solo perchè diversamente abile? L’amore è amore e non si spiega con regole di logica, proprio perchè di logico non ha nulla fortunatamente. -” Federico è il mio pianeta ed io sono il suo satellite, la sua gioia e spensierata innocenza che mi commuove, Federico è l’incarnazione dell’amore, ha dato senso alla mia vita.-“ribadisce Gaetano-” Da piccolo pensavo sarei stato destinato a fare grandi cose, ma poi crescendo mi resi conto che non tutto si poteva realizzare; ma aver messo al mondo mio figlio oggi mi rende fiero, lui è tutto ciò per cui esisto, il fine ultimo della mia esistenza, io sono nato per avere il privilegio di essere il padre di Federico. Dal dolore iniziale per la consapevolezza della patologia di mio figlio, è nata la mia nuova vita, con lui e per lui, dopo quasi 20 anni dalla sua nascita, posso asserire che, mio figlio è il mio orgoglio, perchè mi ha insegnato il significato più nobile della parola: padre.”- così conclude le sue affermazioni Gaetano Castro, oggi abbiamo potuto leggere la sua testimonianza di vita quotidiana con Federico, un papà esemplare, degno d’essere chiamato con tale appellativo.

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