La morte dello storico inglese Denis Mack Smith
venerdì 14 Luglio, 2017

In un certo senso, più degli altri storici di professione o dei semplici “dilettanti”, Denis Mack Smith ci ha costretto a fare i conti con la nostra storia. Il che per uno storico è quanto di meglio si possa dire. Aveva novantasette anni, era nato a Londra, si era laureato a Cambridge e aveva un curriculum accademico di tutto rispetto. L’Italia gli aveva dato il benvenuto grazie a don Benedetto Croce. Non era sua abitudine fare sconti secondo certo tenue rigore anglosassone che faceva a pugni con la vena autoassolutoria di alcuni addetti alla memoria, ma anche con una maggiore propensione all’approfondimento. Due pesi massimi della nostra scuola Rosario Romeo e Renzo De Felice criticarono l’eccessiva severità nei confronti di Cavour e la sovraesposizione del “problema Mussolini”.
I suoi studi sono ricchi, forse troppo, di dettagli e aneddoti sui protagonisti del nostro Risorgimento (casa Savoia, Garibaldi, Mazzini) e sul duce del fascismo, pur tuttavia va detto che Mack Smith rende orfana un’affermata generazione di discepoli – non tutti ancora vivi però – artefice di fortunati studi su mafia e Risorgimento. Il Nostro è anche autore di una storia della Sicilia medievale e moderna in lingua inglese, tradotta per Laterza, che andrebbe riletta e dalla quale estrapoliamo giudizi netti, privi di ambiguità. Alcune affermazioni di Mack Smith sulla mafia causarono la reazione tra gli altri di Santi Correnti, storico locale e strenuo difensore dell’Isola e delle sue migliori “espressioni”.
Poche righe, utili alla comprensione. In tema di agricoltura italiana e circa il rapporto della commissione Jacini del 1886, scrive il Nostro: «I volumi che riguardano la Sicilia dimostrano che l’unione con l’Italia aveva apportato innegabili miglioramenti, ma che poco era stato fatto per i braccianti e i mezzadri che costituivano il grosso della popolazione. Dei benefici ricevuti, la libertà di parola e di stampa aveva un significato molto modesto per questi tipi di persone … Alcuni villaggi continuavano a mancare tanto di scuola quanto di medico: a parte il prete, a sostituirlo c’erano soltanto la fattucchiera e lo stregone locali … Sonnino che era un proprietario terriero di grande esperienza disse al parlamento che i lavoratori agricoli in Sicilia erano i più poveri d’Europa e, sebbene le cifre ufficiali tendevano a far ritenere quest’affermazione esagerata, forse lui, come i collaboratori di Jacini, aveva visto cose che sfuggivano ai rapporti ufficiali».
D’altra parte dopo il 1876 i governi della sinistra a Roma avevano fatto per la Sicilia molto poco (imitando i precedenti); coi due siciliani Crispi e Di Rudinì primi ministri per quasi dieci anni «le condizioni peggiorarono sotto molti aspetti». Con Giolitti «il resto dell’Italia conobbe la prosperità, la Sicilia rimase invece molto indietro». La società, inutile negarlo, non consentiva uno sviluppo lineare e progressivo; ma è con il fascismo che arriva la sentenza definitiva: «La storia della Sicilia nei ventun’anni del regime fascista è sorprendentemente scarna». Poi finalmente l’autonomia che offrì grandi speranze e si potrebbe perfino considerarla il «fatto più importante della storia siciliana».
Mack Smith scriveva alla fine dei Sessanta. Molto altro, a questo punto, ci sarebbe da aggiungere.