Il settore PESCA sempre più in crisi: L’ A.P.M.P. chiede attenzione al Governo e a tutti i partiti nazionali

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Il settore PESCA sempre più in crisi: L’ A.P.M.P. chiede attenzione al Governo e a tutti i partiti nazionali
L’ Associazione Pescatori Marittimi Professionali scrive al neo Governo Conti per chiedere la giusta attenzione per il comparto che soffre la cattiva gestione della materia PESCA da parte della Politica che non è riuscita fino ad oggi a trovare la ricetta giusta per la tutela dell’ ambiente, del lavoro, dello sviluppo delle imprese di pesca e del pescato italiano.
A far sentire la voce di armatori e pescatori è Pasquale Giorgio Giunta  Vice Presidente Nazionale A.P.M.P. .
La pesca è una voce importante dell’economia, non solo italiana ma di tutti quei paesi che sono bagnati dal mare!
Come tutte le attività la pesca va regolamentata, anche per il suo forte impatto ambientale, per fare sì che il prelievo non sia superiore alla capacità riproduttiva della natura!
Una pesca indiscriminata, senza nessuna regola, senza dare all’ambiente la possibilità di riprodursi farebbe si che la risorsa dell’economia si trasformi nella distruzione dell’ambiente, causando anche la perdita di migliaia di posti di lavoro.
La pesca, praticata con diversi attrezzi viene classificata in artigianale, professionale, industriale, a seconda se viene praticata con piccole imbarcazioni ed il pescato viene scaricato ed immesso nel mercato quotidianamente o al massimo un paio di giorni, solitamente svolta lungo le coste con quasi nessun sistema di conservazione se non il freddo ed il ghiaccio, con temperature da zero a cinque gradi.
La pesca professionale viene effettuata con imbarcazioni più grandi, con equipaggi più numerosi, ad una distanza più elevata dalle coste di quella artigianale, con sistemi di conservazione che comprendono la congelazione del pescato e l’aggiunta di sostanze, soprattutto nei crostacei per aumentare la durata di conservazione.
Di solito la tipologia di attrezzi da pesca è uguale, varia la grandezza o la lunghezza in funzione della diversa stazza delle imbarcazioni e dalla potenza dei motori.
La pesca industriale viene effettuata da navi da pesca che operano negli oceani con equipaggi che si alternano  e con quantità enormi di pescato e di conseguenza di guadagni in proporzione.
Nel Mediterraneo si effettua la pesca professionale, con grossi pescherecci d’altura e per la maggior parte la pesca artigianale con pescherecci di piccole dimensioni ed equipaggi ridotti.
La caratteristica della pesca artigianale e data dalla stazza ridotta delle imbarcazioni, dal numero esiguo degli equipaggi e da una periodicità data spesso dalle condizioni meteo che durante i mesi invernali impediscono lo svolgimento delle attività.
Il pescato viene immesso in commercio, spesso tramite mercati locali presso i quali si riforniscono i commercianti ittici.
Il pescato in quantità spesso esigue, riuscirebbe comunque a garantire redditività alle piccole imprese se non dovesse competere con l’ importazione, selvaggia, spesso o quasi sempre spacciata per prodotto nazionale.
Se a questo si aggiungono le regole europee, elaborate dai paesi del nord Europa, che vanno bene per gli oceani, non certo per le specie ittiche mediterranee, di taglia più ridotta.
Paghiamo così la nostra scarsa presenza in Europa, al contrario di quei paesi che considerano l’Unione Europea per quello che è : una grandissima opportunità da sfruttare, mandando tecnici a gestire e sfruttarla a proprio favore !
Chiaramente in materia di pesca si decide in Europa e gli Stati membri attuano quanto deciso in consiglio, con poca possibilità di decisioni personali, quindi si evince che dobbiamo essere più presenti che n Europa, mandandoci chi è preparato in materia e ha capacità di contrattazione politica, perché solo se si riesce a coinvolgere tutti e paesi comunitari del mediterraneo si riuscirà a contrastare l’egemonia, legittima, dei paesi del nord Europa!
Nel Mediterraneo, comunque, si è arrivato all’assurdo, cioè peschiamo con regole inadatte ai nostri mari, trovandoci a pescare con i pescatori del nord Africa che queste regole non hanno , cioè non hanno limitazioni alle maglie delle reti che usano, nessuna limitazione delle taglie minime pescabili, nessuna limitazione nella lunghezza dei palangari né nel numero degli ami, usano reti derivanti per la cattura dei grandi pelagici come il pesce spada, ed inoltre con il loro pescato invadono i nostri mercati facendo crollare i prezzi, decurtando i nostri guadagni già scarsi dovuti alle regole inique!
Praticamente le regole vanno solo per i pescatori italiani che osservano e rispettano le dimensioni delle maglie delle reti, specie di quelle a strascico, le taglie minime, come se i pesci mediterranei fossero grandi come quelli atlantici, periodi di fermo delle attività di pesca non osservati dagli altri paesi rivieraschi, continuando a praticare sforzo di pesca persino con attrezzi non leciti, giustamente, che m Europa!
Purtroppo, si lamenta lo scarso o nullo coinvolgimento dei pescatori a quei tavoli tecnici, previsti dalla legge ma di fatto mai applicati, con commissioni pesca spesso legate a gruppi di interessi particolari,  oppure alla ricerca del consenso politico senza mai affrontare le problematiche!
È pur vero che come bacino elettorale la pesca è sicuramente meno importante di quello dell’agricoltura biologica ancora più dell’ambientalismo, specie quello alla moda, che risolve tutto con i likes sotto qualche post!
Nel Mediterraneo, comunque non è solo la comunità europea a dettare regole, anche la FAO, tramite qualche sua consociata ha recentemente stabilito zone di riproduzione ittica, dove è proibita la pesca a strascico, determinate con criteri scientifici piuttosto discutibili, nelle quali si dovrebbero riprodurre naselli e gamberi rosa che vengono considerati a rischio di forte sfruttamento, ignorando volutamente che queste due speci sono vittime di altre speci concorrenziali e predatorie che in caso di sospensione di pesca aumenterebbero a dismisura, in modo si naturale, ma non permettendo la voluta riproduzione di quelle speci per cui si è arrivati alla chiusura di queste zone così importanti per la piccola pesca artigianale non in grado di affrontare grandi distanze di navigazione!
Noi siamo convinti che bisogna iniziare a regolamentare tutto il comparto pesca, e che questo è solo l’inizio, ma se consideriamo solo la salvaguardia, tra l’altro nenche tanto garantita, dell’ambiente, con la sola eliminazione della pesca e dei pescatori non crediamo che sia la soluzione giusta!
Tra l’altro pare che venga presa in considerazione solo l’imprenditoria ittica, non tenendo in nessuna considerazione gli equipaggi che spesso vengono remunerati alla parte, ne senso che se di pesca si guadagna, sennò niente!
Esempio tipico è il fermo di pesca, nel quale le barche stanno a terra, senza nessun guadagno, la stessa cassa integrazione straordinaria in deroga, di poche centinaia di euro spesso non viene corrisposta che dopo anni, equipaggi che affrontano il lavoro per 43 anni contributivi o 67 anni di età, per ora è n attesa di ulteriori elevazioni dell’età pensionabile, lavoro che spesso è svolto in ambienti non certo salubri e spesso in preda a brutte condizioni meteorologiche che rendono il lavoro fortemente usurante dal punto di vista psicofisico!
 Chiaramente va rivisto in modo serio tutto il comparto, perché a fronte degli aiuti, sacrosanti, alle imprese, non corrisponde neanche la considerazione sindacale dei lavoratori del mare!
L’ultimo studio scientifico serio,  secondo Pasquale Giorgio Giunta,  è stato quello fatto dal CNR, di una  decina di anni fa (durato diversi anni)  che ha quantificato lo stock ittico del Canale di Sicilia, giudicandone soddisfacente la consistenza, chiedendo comunque ai politici ed agli operatori del settore una regolamentazione sia per quanto riguarda lo sforzo di pesca sia per opportuni periodi di fermo e periodi di interdizione totale di alcune specifiche zone per favorire il ripopolamento ittico!
Stiamo comunque parlando di un’ epoca storica in cui la flotta era il doppio di adesso e le dimensioni delle maglie e degli attrezzi da pesca in generale era totalmente diversa!
Come mai non sono più stati chiesti pareri scientifici al CNR, tra l’altro ente statale? Come mai più che studi scientifici ci si basa sulle statistiche?
L’ A.P.M.P.  vigilerà,  come sempre su tutte le  “manovre politiche”  che tratteranno  l’argomento PESCA, e quindi,  pronta a segnalare e denunciare qualunque anomalia e spreco di denaro pubblico  con danno all’intero settore.
Troppi sono i fondi europei sprecati in progetti inutili e spesso non realizzati o realizzati solo in parte (in Sicilia ad esempio è record di marchi di qualità del pescato tutti inestinti o sconosciuti al consumatore finale,che hanno fruttato nelle tasche di ignoti oltre 100 milioni di euro grazie alla promozione del Pescato SicilianoPescato dell’Etna, Pescato Jonico Etneo ecc.).
In atto si segnalano una serie di lamentele che girano lungo tutta la fascia costiera nazionale, dalla Sicilia, alla Puglia, alla Sardegna, alla Campania, al Lazio, alla Liguria  ecc. ecc….
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