Il Requiem di Mozart diretto da Gianluigi Gelmetti al Teatro Massimo Bellini

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Il Requiem di Mozart diretto da Gianluigi Gelmetti al Teatro Massimo Bellini

In anticipo di qualche settimana sull’apertura della Stagione lirica, la nuova Stagione sinfonica del Teatro Massimo Bellini ha preso avvio con un capolavoro di musica sacra: il Requiem K 626 di Wolfgang Amadeus Mozart. Moltissimi gli spettatori: un teatro così pieno non si vedeva da tempo. Il Requiem, evidentemente, suscita e risuscita, desta e richiama pubblico. Scroscianti gli applausi a fine concerto: ma forse sono stati di rito, oltre che di autentica approvazione.
Più che su orchestra e coro (diretto dal maestro Luigi Petrozziello), gli occhi indagatori dei melomani si sono appuntati sull’apprezzato Gianluigi Gelmetti (che da oltre un anno è direttore principale ospite del “Bellini”) e sugli interpreti – il soprano Elena Galitskaya, il mezzosoprano Veta Pilipenko, il tenore Giovanni Sala e il basso Karl Huml – che presto si esibiranno ancora al “Bellini” come protagonisti del “Flauto Magico”, in scena con la regia di Pier Luigi Pizzi dal 20 al 27 gennaio.
Il Requiem di Mozart è notoriamente una partitura che apre molti interrogativi offrendo però poche risposte. Ogni elemento del pentagramma da sempre è stato soggetto ad interpretazioni antitetiche e ipotetiche, a partire dalla tonalità scelta – il re miniore – che ne determina il clima espressivo drammatico: mentre per alcuni musicologi quella tonalità esprime l’approdo più profondo della complessa visione mozartiana dell’oltremondo, per altri la tonalità in re minore non ha un immediato rapporto con il trascendente e il sentimento religioso.
Non vi è, dunque, un’idea musicale trasparente. Essendo la partitura rimasta incompiuta (Mozart morì prima di portarla a termine e i suoi allievi la completarono), la sua frammentarietà rende impossibile l’elaborazione di una visione unitaria. Ma il Requiem è problematico anche perché Mozart – nonostante l’epistolario e tante testimonianze biografiche – resta una persona sfuggente, difficile da comprendere nella sua dimensione spirituale. Vela e rivela, ma non si svela. Ci sfugge il suo rapporto con il cattolicesimo e la massoneria: questione spinosa e affascinante, materia per speculazioni infinite, ma non per questo vane, che ancora oggi fanno sudare freddo sia i “razionalisti” (che espungono come oggetto inquietante la spiritualità religiosa), sia gli estensori de “La Civiltà Cattolica” sull’onda della passione di Ratzinger per Mozart.
Affrontando dal podio del “Bellini” il Requiem, Gianluigi Gelemetti è andato dritto alla sua interpretazione della pagina mozartiana con acutezza di intuizione: per lui il Requiem apre alla speranza, guarda a Cristo come figura di salvezza, prefigura la morte come porta per la beatitudine ultraterrena, commemora la vita terrena ma contempla l’Eterno; mentre per le autrici del libretto di sala – Maria Rosa De Luca e Graziella Seminara – il Requiem contrassegna “L’alta temperatura drammatica di un ineguagliabile testamento spirituale”.
La composizione del Requiem e la morte di Mozart avvennero in rapida successione a Vienna nel 1791. L’intreccio tra aspetti musicali e biografici ha aperto la via a note leggende, aventi per protagonisti o ispiratori il conte Walsegg (il committente del Requiem), lo scrittore Aleksandr Puskin e il cineasta Milos Forman (che indicarono in Antonio Salieri il supposto avvelenatore di Mozart).

I
ncrostazioni, più o meno fantasiose, hanno fatto dimenticare che la genesi del Requiem va piuttosto ricercata del momento storico in cui la partitura fu scritta. Vienna, nel 1791, vive un momento particolare ed è assillata da un senso profondo di smarrimento. La guerra Austro-Ottomana sta avendo effetti negativi sull’economia ed ha prosciugato le casse dello Stato. Pure i risparmi dei singoli ne risentono. Il morale è raso terra anche nell’élite intellettuale. Mozart, come altri suoi contemporanei, subisce l’instabilità politica che diverrà presto di dimensioni europee, mentre a Parigi si coltiva il sogno di una umanità rinnovata dalla Rivoluzione francese. Gli entusiasmi si smorzano però presto in modo plumbeo. In un mondo che cambia, con trasformazioni che non lasciano presagire nulla di buono, nasce il Requiem, che è anche il mesto saluto al secolo che si conclude.

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