Il medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, incontra ai Benedettini attivisti e studenti

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Il medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, incontra ai Benedettini attivisti e studenti

Quello che non vogliamo sentire e vedere ce lo dice Pietro Bartolo con la voce di chi sa. Lui da 28 anni è il medico responsabile del presidio ospedaliero di Lampedusa. Le informazioni sugli sbarchi sono incontrovertibili, se le dà il dottor Bartolo. Ha calcolato che, da quando presta servizio, a Lampedusa ci sono stati 358 mila arrivi. Ha assistito al cambiamento delle modalità di sbarco. Dapprima i profughi arrivavano dal nord Africa su barconi e pescherecci, le cosiddette carrette del mare; da cinque anni a questa parte le cose sono cambiate. I mezzi usati sono adesso grandi canotti che, essendo privi di chiglia a differenza dei gommoni, affondano con il mare grosso. Di conseguenza sono aumentati i naufragi e i morti.
“Da trent’anni l’immigrazione clandestina è un fatto strutturale, non un’emergenza” dice Pietro Bartolo ai giovani studenti e attivisti, che ha incontrato ai Benedettini, nell’Auditorium De Carlo: una delle tante conferenze che il dottore fa quando è libero dai turni di lavoro, per testimoniare ciò che avviene a Lampedusa e, soprattutto, per ispirare il senso civico che ci rende migliori e più umani. Imboccare la strada giusta per un mondo più giusto. Questa è l’aspirazione di Bartolo, che nel lavoro e nella vita mette in pratica i valori del rispetto, della dignità, della fratellanza. Parole antiche, che devono ritornare nel nostro vocabolario.
A Lampedusa – dice il dottore – i vivi e i morti hanno pari rispetto e dignità: accurate ispezioni cadaveriche vengono eseguite al fine di dare un nome ad ogni una sepoltura, come impone l’antica pietas. Per rendere più efficaci le sue parole, Bartolo proietta foto e video. Sono immagini sconvolgenti, come quella di un ragazzino nero scorticato per farlo diventare bianco (capita così in Libia, dove il razzismo ha radici profonde e dove, nei cosiddetti centri di prigionia per migranti, accadono atrocità indicibili, comprovate da verità processuali).
Indignarsi non basta. Occorre una presa di coscienza. Adesso non possiamo più dire di non sapere che il traffico di esseri umani – come un tempo lo fu la tratta degli schiavi – è una fiorente attività imprenditoriale, che coinvolge soggetti talvolta insospettabili. Contro il malaffare internazionale si schierano i migliori uomini delle nostre istituzioni: Guardia di finanza, Guardia costiera, Marina militare, Ministero della salute, Vigili del fuco, Polizia scientifica, Carabinieri e presidio medico. I partiti politici attualmente al governo sono però sordi: nessun rappresentante del governo – a quanto pare – è arrivato a Lampedusa lo scorso 3 ottobre, Giornata della Memoria, per commemorare le vittime del naufragio del 3 ottobre 2015 (368 persone morte a 300 metri dalla spiaggia).
La testimonianza civile del dottore ha ispirato Gianfranco Rosi, regista del docufilm “Fuocoammare”, vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino e candidato agli Oscar 2017 (prodotto da Stemal di Donatella Palermo). La casa editrice Mondadori ha già pubblicato due memoriali di Pietro Bartolo. Al primo, “Lacrime di sale”, ha fatto seguito, fresco di stampa “Le stelle di Lampedusa. La storia di Anila e di altri bambini che cercano il loro futuro fra noi”, in cui l’autore scrive: “Mi piace pensare che le stelle di Lampedusa siano lì per proteggere le migliaia di bambini che ogni giorno devono affrontare viaggi disperati, come quello di Anila” .
Nelle ultime pagine del libro, il dottore ringrazia quattro donne. Le stelle di Lampedusa sono anche loro : suor Teresa, suor Letizia, Luisa e Monique. “Questi 27 anni della mia vita sono stati difficili e drammatici – scrive Bartolo – Ho visto cose che un uomo non dovrebbe vedere. Ho fatto cose che nessuno dovrebbe fare. E’ la mia vita, l’ho scelta io, ne sono orgoglioso e non mi lamento. Dico, però, che forse non sarei riuscito a sopportare tanto dolore se non avessi avuto intorno a me la splendida comunità dei lampedusani, gente generosa, sincera, accogliente nel senso più altro e nobile del termine. In questi tempi bui il loro esempio brilla anch’esso come una stella”.

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