Catania 50 anni dopo
martedì 1 Settembre, 2015

“Quando aprirono gli occhi sul 1965 i catanesi erano pervasi da una deliziosa fiducia nel presente e nell’avvenire. Interrogati dai giornali il primo dell’anno, enumerano alcune aspettative rimaste insoddisfatte nel ventennio appena trascorso che eppure era stato felice e fruttifero. Dichiarando quelle aspettative ciascuno espresse la speranza che ora fosse possibile esaudirle. Ma tutti puntavano alla soluzione di «problemi» nazionali e internazionali: la «congiuntura» economica, l’«unità di intenti per il bene comune», l’incerta pace fra i popoli (la guerra del Vietnam era in corso. Soltanto l’attrice Ida Carrara si riferì a una questione locale, auspicando che il Teatro di Sicilia, costituito alla fine del ’58, ottenesse al più presto il riconoscimento e la classificazione di teatro stabile. Auspicio centratissimo: il riconoscimento sarebbe arrivato infatti in quello stesso 1965. Qualcun altro augurò successi alla squadra rossazzurra, che in quella stagione 1964-’65 si batteva come una leonessa in serie A, sotto la guida tecnica dell’allenatore Carmelo Di Bella e la presidenza di Ignazio Marcoccio. (Un mese prima, in novembre, quest’ultimo era stato eletto consigliere comunale della DC). Catania non era tormentata da gravi problemi. Era una grande città italiana non diversa da tutte le altre grandi città italiane. Di queste condivideva le ansie e gli umori, i travagli e i successi, le crisi e le guarigioni. Era cioè una comunità fisiologicamente sana, perlomeno una città «normale». E quanto al progresso cittadino generale, i catanesi si dividevano in due gruppi: i tiepidi, che ne nutrivano la speranza, e i più ardenti, che ne avevano la certezza. Vent’anni di buona amministrazione, anche se intercalati da brevi pause di torpore o di baraonda, li avevano abituati la benessere e alla fiducia. Il buongoverno era la prassi quotidiana e il boom economico, pur giunto all’epilogo, faceva sentire ancora i suoi effetti esaltanti (ma nessuno lo sapeva ancora). Chi definiva Catania «la Milano Sud» non sottintendeva Né sarcasmo né rabbia, come sarebbe avvenuto di lì a non molto”.
Si apre così il libro di Salvatore Nicolosi, grande giornalista catanese, dal titolo “Il Caso Catania” che ricostruisce le vicende, non sempre belle, della nostra città da quell’anno al 1988. Libro che segue “Uno splendido ventennio” (1944-1964) in cui Nicolosi esalta la classe politica catanese di allora.
Sono passati poco più di 50 anni da quei fatti e la situazione è esattamente all’opposto. In questo 2015 i catanesi pensano che le cosse vanno male a qualsiasi livello e peggioreranno ancora. Il Teatro Stabile rischia non perdere riconoscimento e qualificazione ma proprio di non esistere più a causa della mancanza di risorse. Il Catania Calcio combatte con un pangolino in Lega Pro dove è finito a causa di una gestione scellerata e disonesta del suo presidente. I problemi sono tanti e gravi. La divisione tra le due categorie è tra coloro che pensano che affonderemo subito e quelli che ritengono che affonderemo tra non molto. Gli ultimo anni di pessimo governo hanno abituato i catanesi al malessere ed alla sfiducia.
In realtà i 20 anni di Nicolosi erano esattamente 18 (dalla fine 1946 quando fu eletto il primo Consiglio comunale dopo la Seconda Guerra Mondiale), quelli di adesso 13 (dal 2000 al 2013 ed esattamente i governi di centrodestra di Scapagnini e Stancanelli). Se, rispetto al 1965, tutto dovesse sempre proseguire in maniera opposta, a quell’epoca Catania si avviò lentamente ma costantemente al declino; adesso potrebbe allo stesso modo (ma speriamo più velocemente) avviarsi alla ripresa e alla rinascita. Una discesa, quella cominciata nel 1965, che toccò il fondo 23 anni dopo con una città ormai allo stremo.
Così conclude Nicolosi il suo libro: “La grande «rivoluzione» arrivò nel 1988, col sindaco Bianco e l’eclissi del centrosinistra”. Quella che poi portò alla “Primavera di Catania” degli anni ’90.
Una discesa, quella cominciata nel 2000, che toccò il “suo” fondo 13 anni dopo. Una nuova, sempre difficile, rivoluzione che ricominciò nel 2013 ed ancora continua.