Al TMB entusiasmante concerto sinfonico con Hirofumi Yoshida e Francesco Di Rosa

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Al TMB entusiasmante concerto sinfonico con Hirofumi Yoshida e Francesco Di Rosa

L’oboista Francesco Di Rosa è riuscito ad entusiasmare tutti. Al Teatro Massimo Bellini, lo scorso fine settimana, diretto da Hirofumi Yoshida (acclamato anche lui), ha eseguito il gradevole Concerto per oboe e orchestra di Frigyes Hidas (1928-2007) un compositore e pianista ungherese che trascorse buona parte della sua lunga vita a Budapest.

Il maestro Di Rosa (è considerato uno dei migliori oboisti nel panorama internazionale) ha poi trionfato, suonando come bis l’assolo Gabriel’s Oboe, scritto per il film “Mission”, che valse nel 1986 al compositore Ennio Morricone la nomina agli Oscar come migliore colonna sonora. Con questo notissimo tema musicale si è conclusa la prima parte del concerto sinfonico, che ha riservato una sorpresa: il previsto poema sinfonico Prometheus di Franz Listz è stato sostituito, a causa di superiori contingenze, con un altro Prometeo, cioè con l’ouverture del balletto Le Creature di Prometeo di Beethoven che, sin dalle prime note, entra nell’orizzonte culturale che sta alla base del mito: la scintilla elettrizzante del potere della tecnica, la fiducia nel progresso creativo, che sono l’essenza dell’uomo occidentale (… ma anche la manifestazione estrema di nichilismo, secondo la prospettiva filosofica del da poco scomparso Emanuele Severino).

Il direttore, Hirofumi Yoshida – cinquantenne giapponese con pregevole carriera internazionale e solida formazione alle spalle – ha bene interpretato lo spartito, entrando nello spirito beethoveniano (forse a lui particolarmente congeniale). L’esecuzione del capolavoro, confezionata con cura dall’Orchestra del teatro, ha raccolto i consensi del pubblico; applausi indirizzati anche al direttore Yoshida, che comunica attraverso una simpatica gestualità: come resistere al richiamo delle sue mani a mulinello?

La seconda parte del concerto è stata interamente riservata alla Sinfonia n. 4 op. 112 di Sergej Prokofiev. Dico subito che per me questo è stato un ascolto difficile.

In una rinomata Enciclopedia della Musica avevo letto che la Quarta sinfonia, anello di congiunzione tra le prime e le ultime tre, è la più lirica tra quelle scritte da Prokofiev. Mi aspettavo dunque uno sviluppo di episodi lirici, melodie larghe e fluenti come il delta di un fiume, un andamento lento e ricco di invenzioni timbriche e colori….e invece …. ho sentito un ritmo forsennato da martello pneumatico, il fracasso di una aggressiva burrasca sonora lontana anni luce dal pathos romantico.

Ascoltando questa sinfonia, mi son venuti in mente lo stalinismo e i mostri architettonici creati dal socialismo reale: spigoli a vista, enfasi retorica e narcisista, secco squallore di brutti palazzoni finestrati, privi della libertà mentale di un balcone su cui affacciarsi. Un incubo.

Il direttore Hirofumi Yoshida, evidentemente, nella partitura (che ha la genesi nel balletto Il Figliol Prodigo) ha sottolineato soprattutto gli aspetti epici ed eroici: la massima agitazione dei colpi di percussioni, serviva a trasmettere le caratteristiche marziali e rigide degli impetuosi Sciti, antiche popolazioni delle steppe euro-asiatiche. Forse avrei dovuto ascoltare più volte la sinfonia, per poterne cogliere un giudizio meno disorientante.

Questa considerazione conclusiva fa riflettere sulla musica russa del Novecento (due nomi per tutti: Prokofiev e Shostakovich) che può essere compresa appieno soltanto se si conosce anche il retroterra culturale di quel gran Paese, che ha come elementi costitutivi la grandiosità e vastità del territorio, da cui consegue una libertà mentale e una larghezza di pensiero e potenza interiore che sono altrove sconosciute.

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