Al Teatro Massimo Bellini di Catania lo Stabat Mater di Giovanni Sollima

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Al Teatro Massimo Bellini di Catania lo Stabat Mater di Giovanni Sollima

Il cantante lodigiano Raffaele Pe – divulgatore della cultura barocca tra i giovanissimi in teatro, sui social e in tv- con la sua vocalità di controtenore (voce maschile corrispondente al registro di contralto) ha interpretato da solista, in prima assoluta, lo “Stabat Mater” di Giovanni Sollima, compositore palermitano di grande notorietà e virtuoso violoncellista, direttore-trascinatore e musicista capace di rendere accattivante a tutti la musica contemporanea.

L’esecuzione si è tenuta al Teatro Massimo Bellini di Catania, che ha commissionato l’opera. Un tripudio. Il numeroso pubblico di giovani a conclusione del concerto ha battuto a ritmo mani e piedi per amplificare gli applausi (indirizzati soprattutto alla Ninna nanna finale, bel brano offerto come bis), mentre Giovanni Sollima, che sfoggiava una variopinta camicia, faceva roteare il suo prezioso violoncello in aria, come fanno i calciatori quando vincono la coppa UEFA.

Applausi anche per l’Orchestra del Teatro diretta dallo stesso Sollima, per il Coro guidato da Luigi Petrozziello, e per Lina Gervasi che ha suonato il theremin, uno strumento musicale elettronico che simula il violoncello e la voce umana producendo suoni con il movimento aleggiante delle mani che attraversano un campo magnetico.

Uno “Stabat Mater” laico: questa è stata la scelta del compositore e dell’autore del testo, Filippo Arriva, che ha scelto il siciliano per un linguaggio poetico ricco di uccellini (nel senso di pennuti) e di rose (in senso botanico, non mistico).

Gracile l’idea di fondo. Maria è soltanto una madre che piange il figlio. Intuizione non nuova – già Cerami e Piovani si sono misurati con uno Stabat Mater immanente – che ignora bellamente lo spessore della teologia e della spiritualità cristiana, il secolare dibattito sulla storia evangelica e sulla dimensione escatologica della figura di Maria. Tutte cose fondamentali, ben presenti invece in Jacopone da Todi, che è stato l’ispiratore di questo e di innumerevoli altri Stabat Mater nella storia della musica.

Il disinteresse per la figura della madre di Gesù Cristo è legittimo (soprattutto se non si è credenti, se si è eclissato Dio e si è persa la fede) ma bisogna essere coerenti con sé stessi e, se si imbocca la strada della facile desacralizzazione, non bisogna usare come sottotitolo “Madunnuzza Madunnuzza” ma “Mariedda Mariedda” perché, nell’approccio al mistero mariano, una cosa è Maria di Nazareth ed altra la Madonna… ma sarebbe troppo lungo spiegare qui il perché; e mi taccio.

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