A’ pasta ncasciata alla messinese.

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A’ pasta ncasciata alla messinese.

Rieccoci puntuali con una nuova ricetta della tradizione sicula. Oggi esattamente descriveremo una pietanza tipica della città dello stretto, Messina. A’ pasta ncasciata infatti trova nella ricetta messinese un ottimo connubio tra gusto e preparazione tipica del territorio. A parlarcene sarà un ospite speciale, si tratta di Giovanni Caloggero, ex Presidente Arcigay di Catania ed attivista LGBT appassionato di cucina e della buona tavola ed originario proprio di Messina, un incontro che lascerà soddisfatti noi catanesi in quanto la ricetta di questo piatto non è molto gettonata in questa parte di Sicilia. Tuttavia quando pensiamo a questa pietanza la mente vola agli episodi di Montalbano del nostro amato maestro Camilleri, scomparso recentemente. Scambiamo due chiacchiere con Giovanni Caloggero.

Domanda: Giovanni, oggi in questa mise stupisci i lettori di Metroct e non solo, con questa ricetta tradizionale e sempre attuale per la sua bontà; parlaci di com’è nata a’ pasta ncasciata ed il suo procedimento.
Risposta: La pietanza è originaria di Mistretta, la pasta ncasciata o ncaciata come si dice in dialetto messinese,rientra nel quadro delle paste al forno nate per pulire la dispensa o il frigo dai resti di tutto ciò che c’è. Detto questo, per la pasta occorrono: maccheroni o penne o sedani, purchè rigati per meglio trattenere il sugo. Il sugo, può essere un ragù bolognese, cioè con tritato di carne (metà vitello metà maiale) benchè questo non appartiene alla nostra tradizione siciliana, oppure un sugo che io consiglio e che preferisco, è un sugo di pomodoro fresco cucinato con aglio e non cipolla. Unire la pasta al condimento abbondante, completare con uova sode, piselli, tocchetti di melanzane fritte, caciocavallo, mortadella (io uso questa l’adoro) o prosciutto cotto o salame. Rigirare tutto in pentola con abbondante parmigiano grattugiato che serve proprio a legare ovvero ncaciare il tutto. Disporre in una teglia di coccio ed infornare ad una temperatura di circa 230 C°. Servire non calda ma tiepida.

Domanda: In che occasione si consumava questo piatto?
Risposta: Questa ricetta antica, nata per celebrare occasioni e ricorrenze importanti, dove è racchiusa tutta l’opulenza della cucina siciliana e al contempo nella cultura o l’arte di non sprecare nulla, ma utilizzare arricchendo con colorate differenze della nostra terra. Questa è una mia parentesi che può considerarsi “leggermente politica”. Mi piace ricordare che, una volta la pasta dopo essere stata messa in una teglia di coccio, veniva lasciata sotto cenere bollente quando le cucine a gas non esistevano.

Grazie a Giovanni Caloggero per la sua disponibilità, non ci resta altro che augurare come di consueto, bon appètite

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