Con due importanti ordinanze gemelle, la n. 23834 e la n. 23849 del 25 agosto 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio destinato a incidere profondamente sui rapporti tra banche, società di recupero crediti e cittadini: spetta al cessionario, e non al debitore, fornire la prova della titolarità del credito oggetto di una cessione in blocco.
Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce da una opposizione allo stato passivo di un fallimento: il cessionario di un credito bancario era stato escluso perché non aveva dimostrato di essere effettivamente titolare del credito. L’avviso di cessione, infatti, pur pubblicato in Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 T.U.B., rinviava a un elenco sul sito web del cessionario dove il credito controverso non figurava.
La Cassazione ha respinto il ricorso del cessionario, chiarendo che “chi agisce in giudizio deve fornire la prova della titolarità del credito”, mentre il debitore non ha alcun obbligo di “individuare da sé” il vero creditore. Né il semplice possesso della documentazione relativa al credito può essere considerato prova sufficiente di titolarità.
Le reazioni dei cittadini
La decisione è stata accolta con soddisfazione e sollievo da molti utenti, spesso destinatari di richieste di pagamento da parte di società di recupero crediti che si dichiarano cessionarie, ma che non forniscono prova chiara della loro legittimazione.
“Sono anni che subiamo telefonate, diffide e atti giudiziari da soggetti che si dichiarano proprietari dei nostri debiti senza mostrare alcun documento autentico – commenta un utente sui canali di tutela dei consumatori –. Finalmente la Cassazione ha chiarito che la responsabilità della prova non può essere scaricata sul cittadino”.
La posizione di Consitalia
L’Associazione dei Consumatori d’Italia – Consitalia, attraverso il suo presidente Alfio Fabio Micalizzi, ha espresso un giudizio estremamente positivo sulla decisione della Suprema Corte.
“È una pronuncia di civiltà giuridica – afferma Micalizzi – che pone un freno alle prassi opache di alcune società di cartolarizzazione e fondi speculativi che acquistano pacchetti di crediti e poi pretendono il pagamento senza fornire una reale prova della titolarità. La Cassazione ha ristabilito un principio basilare: chi reclama un credito deve dimostrarlo, non basta dichiararlo.”
Consitalia sottolinea inoltre che il pronunciamento “rafforza le tutele dei cittadini, in particolare di coloro che si trovano coinvolti in procedure esecutive o in richieste di pagamento da parte di soggetti privi di legittimazione provata”.
“Chiediamo – conclude Micalizzi – che anche le autorità di vigilanza, a partire da Banca d’Italia, intervengano per assicurare maggiore trasparenza nelle cessioni in blocco e nei passaggi di crediti deteriorati, evitando che i cittadini diventino vittime di contenziosi infondati o duplicati”.
Un messaggio chiaro al mercato
Le ordinanze 23834 e 23849 segnano dunque un punto fermo: la pubblicazione dell’avviso di cessione non basta se non consente di identificare con certezza i crediti ceduti, e il possesso della documentazione non è prova di titolarità.
Un richiamo forte alla trasparenza e alla correttezza, che restituisce equilibrio in un settore spesso caratterizzato da squilibri informativi e giuridici a danno dei cittadini.
