Mentre i riflettori mediatici si concentrano solo sugli aspetti di cronaca spicciola, nelle piazze italiane si prepara un fronte più ampio e determinato. Scioperi e mobilitazioni annunciati nelle prossime settimane stanno assumendo una valenza che va oltre le singole rivendicazioni: segnalano il ritorno di un popolo che non accetta più silenzi e compromessi.
A Palermo la protesta è già visibile: assemblee pubbliche, cortei e adesioni crescenti testimoniano un disagio diffuso. Ma è da Catania che ci si attende una spinta significativa, con iniziative capaci di dare al movimento una dimensione nazionale.
Dietro questa ondata non ci sono soltanto categorie specifiche o sigle sindacali. C’è una parte del Paese che inizia a sentirsi tradita da un Governo percepito distante, che non ascolta i bisogni reali dei cittadini. E c’è soprattutto la voglia di dire ciò che altri non dicono: che la pazienza è finita, che le famiglie non reggono più l’aumento dei costi, che i lavoratori sono stanchi di essere invisibili e che la società civile pretende di tornare al centro delle decisioni.
La vicenda della flottiglia internazionale e delle tensioni che attraversano il Mediterraneo aggiunge un ulteriore livello di significato. L’Italia, troppo spesso ferma a guardare, viene chiamata in causa da chi, nei territori, chiede una politica estera e interna più coraggiosa e meno subalterna.
Le prossime settimane diranno se questa voce resterà isolata o se diventerà un’onda capace di travolgere il muro di indifferenza. Una cosa però è certa: il popolo c’è. E non ha più intenzione di tacere.
