Il grande pentolone del turismo siciliano ribolle da due anni e l’odore che sprigiona non è esattamente quello delle zagare. L’inchiesta madre che parte dal caso Cannes ha travolto nomi eccellenti, primo fra tutti Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, oggi formalmente indagato per corruzione e peculato. Insieme a lui, altre figure dell’entourage politico e amministrativo, tra cui la portavoce Sabrina De Capitani (ex Absolute Blue), e nomi già noti agli atti, come Elvira Amata, Manlio Messina e Francesco Paolo Scarpinato.
🎬 La “Sicilia delle meraviglie”… a Cannes
Tutto inizia nel 2022 con una pioggia di fondi (ben 5,9 milioni di euro in due anni) per una mostra dal titolo “Sicily, Women and Cinema” da tenersi nell’ambito del Festival di Cannes. Una vera operazione di charme, affidata con procedura negoziata (cioè senza gara pubblica) alla lussemburghese Absolute Blue, che si dichiarava titolare “in esclusiva” del format.
Il governatore Schifani, accortosi del profumo sgradevole che saliva da quella pentola, provò a sfilarsi dichiarando che “la giunta non era stata coinvolta nella decisione”. Chiese gli atti all’assessore subentrante, Scarpinato, e bloccò l’evento. Il Tar poi diede torto alla società organizzatrice, la sentenza è passata in giudicato. Ma intanto, i soldi ballavano.
⚖️ Il nodo giudiziario: falso, corruzione e peculato
Il passaggio chiave lo firmano le Fiamme Gialle, che nella loro informativa annotano:
“La procedura è stata costruita attorno a una falsa attestazione di esclusività, così da giustificare l’affidamento diretto, in violazione delle regole sulla concorrenza”.
In parole povere: si sarebbe truccato il presupposto per giustificare un affidamento milionario, a scapito della trasparenza e della legalità.
Le indagini, inizialmente in capo alla Procura europea, sono poi passate alla Procura della Repubblica di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, in quanto i fondi erano di provenienza nazionale e non europea. Da lì sono partite intercettazioni a tappeto, coinvolgendo dirigenti regionali, funzionari, politici e figure chiave come la già citata De Capitani, “chiave di volta” tra la Absolute Blue e il potere regionale.
L’inchiesta si è allargata come una macchia d’olio, e le ipotesi di reato non sono più soltanto quelle iniziali: si parla apertamente di condotte gravi e sistemiche, ben oltre il “semplice” falso in atto pubblico.
🚨 E a Catania? Silenzio assoluto.
Mentre a Palermo la Procura lavora con determinazione, aprendo fascicoli e tirando fuori verità scomode, a Catania sembra che il tempo si sia fermato. In una città dove sprechi, affidamenti diretti, eventi da vetrina, appalti opachi, enti culturali “fantasma” e mercati storici abbandonati abbondano, le procure preferiscono osservare in religioso silenzio, come se nulla fosse.
La cittadinanza — ormai stanca — osserva con ammirazione l’attivismo dei magistrati palermitani e si chiede quando anche a Catania qualcuno si sveglierà dal torpore investigativo.
“Complimenti alla Procura della Repubblica di Palermo – si legge tra i commenti sui social – sempre vigile, concreta e tempestiva. Speriamo che anche a Catania prima o poi qualcuno apra gli occhi: di carne al fuoco ce n’è, altro che brodo!”.
“Forse aspettano il festival del limone al porto di Ognina o il bando esclusivo per la sagra della sabbia. A Cannes siamo arrivati, ma da Catania nessuna partenza”, ironizza un noto attivista.
L’ironia è amara, ma necessaria. Perché se la giustizia è uno dei volti dello Stato, non può esserlo solo in alcune province. Il sospetto — e qui il sarcasmo si fa pungente — è che Catania sia diventata terra franca per gli affari dei furbi, quelli che prosperano mentre il cittadino arranca.
🔍 Una speranza? Che da Palermo… arrivi l’onda anche sotto l’Etna.
Chissà, magari proprio da un fascicolo aperto a Palermo, o da una semplice comunicazione tra uffici giudiziari, possa finalmente scoccare una scintilla anche nei corridoi del Palazzo di Giustizia etneo.
Perché una cosa è certa: il materiale c’è. Le denunce ci sono. Gli atti pure. Manca solo la volontà di alzare il coperchio al pentolone catanese.
E siamo sicuri che ne uscirebbe un aroma… non certo di arancin