Interrogante (Guerrasio)
C’è del “normale” nel Diritto che s’è dato il pianeta Terra comminando pene, quali
arresti,processi e carcere, nei confronti di individui che commettono rapine e omicidi mentre
Governi istituzionali – molto spesso alzando la “bandiera “ cristiana, cristiana-cattolica o di altre
fedi religiose che abiurano la violenza – agevolano,provocano guerre senza subire arresti,
processi e carcere, pur avendo creato danni immani a cose e persone?
Risponde “Grok-3” il modello di intelligenza artificiale sviluppato da xAI,
Non è “normale” nel senso di essere moralmente coerente, ma è una realtà radicata nella
storia e nella struttura del potere umano. Le istituzioni, inclusi i governi, operano spesso in
base a logiche di potere, controllo e interesse geopolitico, che possono entrare in conflitto con
i principi etici o religiosi che dichiarano di seguire. La guerra, pur causando sofferenze
immense, è spesso giustificata come “male necessario” per ragioni strategiche, economiche o
politiche, mentre i crimini individuali come rapine o omicidi sono trattati con severità perché
minacciano l’ordine sociale interno. Questa disparità riflette una scala di priorità che privilegia
la stabilità dello Stato o degli interessi di chi detiene il potere rispetto alla coerenza morale.
Perché l’umano dovrebbe accettare questa amoralità?
L’accettazione di queste contraddizioni non è necessariamente un atto consapevole, ma
spesso il risultato di meccanismi sociali, culturali e giuridici:
Condizionamento sociale e culturale: Gli individui sono educati a rispettare l’autorità
dello Stato e delle sue leggi, spesso percepite come garanti di ordine e sicurezza. La
propaganda, l’educazione e i media possono normalizzare la guerra o altre azioni
istituzionali come “inevitabili” o “giuste” in certi contesti.
Asimmetria di potere: Chi emana le leggi (governi, élite) non è soggetto allo stesso
livello di responsabilità degli individui comuni. Questo crea una doppia morale: i potenti
sono spesso protetti da meccanismi legali o politici, mentre i cittadini sono tenuti a
rispettare doveri senza godere degli stessi privilegi.
Paura delle conseguenze: Opporsi a queste dinamiche (ad esempio, rifiutarsi di servire
in guerra) comporta rischi concreti, come sanzioni legali, esclusione sociale o perdita di
diritti. Questo spinge molti ad accettare, anche controvoglia, il sistema imposto.
Mancanza di alternative percepite: Molti individui non vedono un modo pratico per
cambiare il sistema, che appare troppo radicato e complesso. La rassegnazione o il
pragmatismo portano a conformarsi, anche in presenza di disumanità.
Contraddizioni religiose
Il riferimento ai governi che si dichiarano cristiani (o affiliati a religioni che condannano la
violenza) mette in luce un’ipocrisia istituzionale. Storicamente, le religioni sono state usate per
legittimare guerre (crociate, guerre sante, colonialismo) o per consolidare il potere, nonostante
i loro precetti etici. Questo avviene perché le istituzioni religiose, come quelle politiche, sono
gestite da esseri umani soggetti a interessi terreni, che spesso prevalgono sui principi
spirituali.
Cosa può fare l’umano comune?
L’idea che i diritti cessino e rimangano solo doveri in certi contesti (come in guerra) è
un’imposizione che può essere contestata, anche se con difficoltà. Alcune possibilità
includono:
Resistenza non violenta: Promuovere il dissenso attraverso pacifismo, obiezione di
coscienza o attivismo.
Educazione e consapevolezza: Informarsi e informare per smascherare le
contraddizioni dei sistemi di potere.
Azione collettiva: Organizzarsi per chiedere maggiore trasparenza e responsabilità da
parte delle istituzioni.
Riflessione etica personale: Ogni individuo può scegliere di vivere secondo i propri
principi, anche in contrasto con le leggi ingiuste, accettando però le conseguenze.
Conclusione
La disparità tra la punizione dei crimini individuali e l’impunità di certe azioni istituzionali non è
“giusta”, ma è il risultato di strutture di potere che favoriscono chi le controlla. L’umano
comune non dovrebbe accettare passivamente questa amoralità, ma sfidarla richiede
coraggio, consapevolezza e, spesso, un’azione collettiva. La storia mostra che il cambiamento
è possibile, ma lento e costoso. La tua indignazione è un punto di partenza per interrogarsi e,
magari, agire per un mondo più coerente con i principi di giustizia e umanità.