Nell’Auditorium dei Salesiani in via Cifali a Catania, l’altra sera è andato in scena il lavoro teatrale prodotto dall’Associazione Culturale Capolavori, liberamente tratto dal testo “Sangu me” di Myriam Lattanzio e interpretato da Alice Canzonieri per la regia di Salvatore Greco, “L’altro ieri”.
Si è trattato di un reading, la lettura cioè, di un monologo di poco più di un’ora in cui la virtuosa attrice s’è sforzata di interpretare, come meglio non si poteva, alcuni dei protagonisti della vicenda di cui fu vittima la Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito delle Repubblica Franca Viola che, tra il 1965 e il 1966, subì il rapimento e lo stupro da parte del fidanzato che pensava di farla franca invocando l’applicazione del cosiddetto matrimonio riparatore che estingueva allora ambedue i reati.
Nella foto Franca Viola e il fidanzato Filippo Melodia dietro le sbarre.
Franca viola rifiutò il matrimonio riparatore, diventando così l’icona nazionale della lotta per l’affermazione delle dignità della donna, in un ambiente dove le donne erano poco meno che schiave, soggette, per legge, dalla nascita alla Patria Potestà del padre e dopo il matrimonio alla Potestà Maritale del marito: gabbie, galere socio-giuridiche apposta costruite.
«Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce». Con queste parole Franca Viola ha spezzato le sue catene ed è passata alla Storia.
Alice Canzonieri ha interpretato ora Franca, ora il fidanzato, ora la sorella di questo con pochissimi elementi scenici, con l’alternanza delle luci e delle musiche, con l’attenta articolazione del corpo e soprattutto della voce: il reading non concede altro.
Con ogni probabilità, sarebbe stato interessante vederla interpretare il padre di Franca, l’altro eroe (a torto dimenticato e condannato all’anonimato: le cronache non riportano neanche il nome proprio, che è Bernardo) di tutta la vicenda; perché se Franca compie un gesto rivoluzionario: il rifiuto del matrimonio riparatore; il padre è più rivoluzionario della figlia perché non solo rifiuta di dare in sposa la figlia, ma mette a rischio la propria vita denunciando e facendo arrestare dai carabinieri, con l’inganno, i mafiosi rapitori: un infame di ieri e di oggi per la mafia, che il codice mafioso condanna senz’altro a morte (si rammenti la tragica morte di Libero Grassi).
Dal complesso della piecès si arriva alla conclusione che grazie al sacrificio di Franca Viola ben sedici anni dopo, sottolineo: ben sedici anni dopo!, nel 1981 fu abolito l’art. 544 del codice penale che garantiva l’esimente del matrimonio riparatore assieme all’art. 587 dello stesso codice che giustificava l’assassinio per motivi d’onore.
Non fu così. Sedici anni dopo il “caso” di Franca Viola era già bello e dimenticato!
Il miracolo di Franca Viola non si deve al legislatore per sedici anni “in tutt’altre faccende affaccendato”, ma all’azione coraggiosa e lungimirante della Magistratura che, protetta dalla Costituzione Repubblicana, dall’indomani della conclusione del processo Viola, decise autonomamente di non applicare mai più, né l’art. 544 né il l’art. 587 del codice penale, con una azione così decisa che da quel momento nessuno invocò l’applicazione dei due articoli fino alla loro abolizione nel 1981.
Onore dunque a Franca Viola, a suo padre, all’Associazione Culturale Capolavori, al regista Salvo Greco a ad Alice Canzonieri per avere posto, ancora una volta, all’attenzione della gente questa tappa così importante nel processo di liberazione della donna in Italia dal giogo patriarcale, ancor oggi vitale nonostante i formidabili passi in avanti degli ultimi decenni.
Foto Donatella Turillo