Operazione The End: arrestati 14 affiliati al clan Assinnata di Paternò

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Operazione The End: arrestati 14 affiliati al clan Assinnata di Paternò

Più di cento Carabinieri questa mattina, alle prime luci dell’alba, hanno dato esecuzione ad un provvedimento restrittivo emesso dal G.I.P. etneo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di 14 persone per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione e traffico di droga, ritenute appartenenti al clan Assinnata, articolazione operante nel territorio di Paternò della famiglia catanese di cosa nostra dei Santapaola. L’indagine, come è stato dichiarato durante la conferenza stampa presso la Procura di Catania, ha permesso di ricostruire le dinamiche criminali che regolavano le condotte del gruppo e le modalità di gestione dei proventi illeciti, definirne la struttura, le posizioni di vertice e i ruoli degli affiliati, nonché di ricostruire il volume degli affari illegali nel settore delle estorsioni ai danni di imprenditori edili e di commercianti di Paternò. Tra i soggetti arrestati c’è il padre del ragazzo al quale il 3 dicembre 2015, durante i festeggiamenti di Santa Barbara, alcuni portatori dei cerei votivi fecero “l’inchino reverenziale”.

Il clan, storicamente sviluppatosi in seno al gruppo mafioso di Paternò facente capo a Giuseppe ALleruzzo (cl. 1935), è stato riorganizzato da Domenico Assinnata (cl. 1952) e dal figlio Salvatore (cl. 1972) come accertato nelle operazioni ORSA MAGGIORE che nel 1993 per la prima volta individua i gruppi dell’hinterland catanese ricollegabili alla famiglia Santapaola, PADRINI e FIORI BIANCHI che hanno documentato l’operatività del clan sino all’aprile 2010.

L’attività investigativa ha consentito di documentare come Salvatore Assinnata fosse il promotore dell’organizzazione che gestiva la “cassa” del clan e che si occupava di reinvestire i guadagni nell’acquisto di sostanza stupefacente, avendo rapporti con le altre famiglie mafiose di Catania.
Le indagini hanno delineato una organizzazione mafiosa, di tipo verticistico – piramidale, con una chiara e nitida suddivisione dei compiti, tutti finalizzati al conseguimento di illeciti proventi scaturenti da diversificate attività criminali.
Assinnata  era coadiuvato dai suoi “fedelissimi”, Giovanni Messina, suo storico braccio destro e tratto in arresto nell’ambito dell’indagine in quanto trovato in possesso di 600 grammi di cocaina purissima, Pietro Puglisi, responsabile di custodire l’arsenale del clan sequestrato nel maggio del 2013, il cognato Andrea Giacoponello, tratto in arresto per la detenzione di una pistola con matricola abrasa, Benedetto Beato, Giuseppe Parenti, Luca Vespucci e Giuseppe Fioretto, con i compiti di gestire le altre attività illecite.

Salvatore Assinnata si avvaleva di questi soggetti, insieme ad altri, come gregari attraverso i quali recapitava messaggi, recuperava somme di denaro, consegnava e spacciava lo stupefacente.
Le indagine hanno consentito di accertare l’esistenza di una “piazza di spaccio” a Piazza Purgatorio di Paternò gestita da Daniele Beato, Giuseppe Fusto, Mario Leonardi e Rosario Oliveri. Altri soggetti, quali Cinzia Pellegriti, i fratelli  Angelo e Andrea Di Fazio, erano incaricati dello spaccio dello stupefacente.
Tra le varie azioni estorsive documentate, anche di recupero crediti, particolarmente efferata e sfacciata quella ai danni di un’ottica paternese dove i sodali, approfittando della minaccia implicita dell’appartenenza al clan, si recavano frequentemente per prelevare costosi occhiali senza versare il corrispettivo.

L’indagine ha anche dimostrato come tutti gli affiliati fossero tenuti a versare i proventi delle varie attività illecite in una cassa comune, dalla quale venivano ricavati gli “stipendi degli affiliati” e i costi del mantenimento dei familiari di coloro che erano detenuti.

Emblematico è, a tal proposito, l’episodio in cui Daniele Beato, avendo sentore che da lì a poco gli sarebbe arrivata una condanna definitiva, dialogava con Luca Vespucci al quale diceva che sarebbe dovuto avvenire “il passaggio del testimone” e che “ora doveva iniziare a lavorare al posto suo”.
Singolari le conversazioni captate tra alcuni affiliati relative al ruolo indiscusso di leader di Salvatore Assinnata, “iddu quannu u talii sulu nda facci … pigghi e ti pisci incoddu…minchia… iddu è il top dei top…iddu cumanna è u capu…io sugnu suddatu” e ancora una conversazione che evidenziava la cultura mafiosa degli associati “iu sugnu mafiusu….’mbare iu macari ca m’attaccunu …iu mi fazzu a galera mutu mutu” ed infine una conversazione che testimoniava il nuovo ingresso di un affiliato che confermava di essere entrato a far parte del clan Assinnata: “A: ma gia’ t’associaru?…t’associasti?…ti dichiarasti vero? B:si… A: si?…apposto…””.
E’ uno stesso appartenente all’organizzazione che, in una intercettazione, diceva del proprio capo Assinnata Salvatore “ha statu pi sempri” e “lui è il top del top”.

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