“Poseidon 2.0” prende il largo

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“Poseidon 2.0” prende il largo

CATANIA – “Poseidon 2.0”, il progetto della onlus catanese vEyes volto a facilitare e incrementare la pratica dell’attività natatoria delle persone con disabilità visiva, molla gli ormeggi. Grazie alla Call for Ideas, il bando di Fondazione Vodafone Italia a sostegno dei migliori progetti tesi a incoraggiare la diffusione della pratica sportiva tra i disabili, la brillante intuizione di vEyes prende il largo puntando, grazie appunto al sostegno ricevuto, alla piena realizzazione dell’iniziativa.
“Poseidon 2.0” è uno strumento concreto a sostegno della pratica del nuoto tra le persone con disabilità visiva ed utilizza la tecnologia per dare risposte ad un bisogno. Non a caso l’idea nasce da una difficoltà che Anna Barbaro, campionessa paralimpica non vedente dapprima di nuoto e adesso anche di triathlon, rappresentò – in occasione del suo primo incontro in Sicilia con i responsabili di vEyes – al presidente della onlus catanese, il professore Massimiliano Salfi, che così ricorda quel colloquio: «Anna, che oggi fa parte dello staff di vEyes, mi riferì quanto le risultasse problematico allenarsi in ragione del fatto che il fine corsia ad un nuotatore non vedente viene segnalato con un tocco sulla schiena, o sulla testa, attraverso un bastone, da parte di una persona che si colloca a bordo vasca. Questo le rendeva (e lo stesso vale per tutti quelli che desiderano praticare questo sport da non vedente) complesso allenarsi in autonomia. Tra l’altro, questo problema fa sì che sempre meno persone con disabilità visiva si avvicinino al nuoto anche non agonistico. E fu così che nacque l’idea di realizzare un sistema che potesse intercettare la testa del nuotatore e segnalare il fine corsia, per la virata».
«Il progetto – continua il presidente della onlus vEyes – prese forma inizialmente come tesi di laurea, per poi andare oltre con lavori. Ad oggi Poseidon 2.0 è previsto, da progetto, in versione “mobile” e in versione “fisso”. Quello mobile prevede che il non vedente si porti dietro uno smartphone Android, da porre a fine corsia (solo per piscine olimpiche ne servono due, uno per lato) sopra un cavalletto; il nuotatore, quindi, indossa un auricolare a conduzione ossea, di tipo resistente all’acqua, nel quale riceve il segnale adeguato, e in verità abbiamo esteso le funzioni del sistema inserendo anche la possibilità di essere guidati lungo la rotta per evitare di urtare contro i cordoli, non mantenendo la giusta direzione. La versione fisso, invece, prevede che la piscina venga cablata con delle telecamere apposite installate a tetto, in modo che il non vedente non debba portare nulla con sé. Il nostro desiderio è quello che, con il tempo, il nostro sistema possa diventare uno standard in versione fissa e che quindi qualsiasi piscina possa diventare accessibile ad una persona con disabilità visiva, ma intanto cominceremo con il cablare tre piscine di città del Sud d’Italia: una a Catania mentre per le restanti due sono in lizza tre città, Reggio Calabria, Bari e Napoli. Fino ad allora, si potrà comunque tamponare con la versione mobile, di cui abbiamo già realizzato un prototipo che segnala solo il fine corsia. Il finanziamento della Fondazione Vodafone Italia ci permetterà di estendere il prototipo integrando le nuove funzioni, ma soprattutto di realizzare la versione fissa».

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