Le Terme di Santa Venera al Pozzo

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Le Terme di Santa Venera al Pozzo

terme_vecchieL’area archeologica di Santa Venera al Pozzo, ricadente nel territori del comune di Aci Catena, è al centro di un tentativo di recupero attraverso una progressiva sensibilizzazione dei cittadini rivolta ad una maggiore attenzione nei riguardi del patrimonio storico ed alla promozione di una nuova consapevolezza dei beni culturali.
L’originaria denominazione delle terme, purtroppo, non si conosce, mentre l’odierna sembrerebbe legata ad un tempio risalente ai primi secoli del Cristianesimo, eretto dagli abitanti di Aci in memoria di santa Venera sul luogo dove si trovano le rovine dell’ospedale presso cui avrebbe prestato servizio la vergine assistendo gli infermi e risanandoli con le acque sulfuree. La tradizione vuole che, dopo il martirio subito nel 143 in Gallia, il capo della vergine fosse stato gettato nel pozzo delle terme della reitana e che le acque, rigenerate dal sangue della santa, avessero assunto un colore rossastro ed ebbero virtù miracolose.
Ma cosa rimane del complesso termale dove i nsotri antenati andavano a “liberare il proprio organismo dalle tossine”?
La lettura del complesso archeologico in questione si presenta particolarmente difficoltosa data la sovrapposizione di vestigia appartenenti a vari periodi. Ad ovest dei vani termali si conserva il basamento di un tempietto, interessante dal punto di vista archeologico perché si tratta dell’unico edificio templare romano, assieme a quello di Capomulini, finora scoperto in Sicilia. Gli altri templi, infatti, sono greci poi riutilizzati dai romani. Confronti strutturali con il tempietto di Capomulini hanno permesso di porlo cronologicamente nel II secolo a.C., poiché è privo dell’imponente gradinata, dettata dalla necessità di una maggiore rilevanza dal punto di vista estetico ed architettonico, che caratterizza la seconda fase dell’altro tempio. Riguardo la divinità a cui esso era dedicato, si possono avanzare solo delle supposizioni. Si è pensato a Venere, divinità della bellezza e dell’integrità fisica, data la vicinanza dell’antica fonte sulfurea, oppure a Minerva, dato il rinvenimento, nei pressi del tempio, di una statuetta marmorea che la riproduceva.
I due vani che tuttora conservano le volte a botte, per motivi di ordine tipologico-costruttivo, dovrebbero essere stati realizzati in periodo tardo-romano, ossia dopo il terremoto del IV secolo d.C. Che essi siano i resti di sale termali balza evidente da una sommaria “lettura”. Le costruzioni termali dell’antichità erano provviste di un sistema che permetteva la circolazione del vapore al di sotto del paino pavimentale. Tale sistema, detto balinae pensiles, sfruttava lo spazio ricavato sotto il pavimento (hypocaustum) e lungo le pareti (concameratio), facendovi circolare i prodotti della combustione provenienti dal forno. Il pavimento poggiava, a tal fine, sui pilastrini (suspensurae) quasi sempre in laterizio, uniformemente distribuiti su un piano di mattoni.
Nei due vani delle nostre terme possiamo riconoscervi il tepidarium e il calidarium. Il primo era un ambiente fornito di uno stato termico tiepido che fungeva generalmente da passaggio fea le sale aventi una temperatura piuttosto alta ed il vano non riscaldato. In alcuni stabilimenti termali la cella tepidaria era adibita a luogo per le unzioni o ad apodyterium, cioé la “sala d’attesa”, Dopo l’unzione o il bagno nel tepidarium si entrava nella stanza più calda: il calidarium. Quest’ultimo, destinato al bagno in acqua calda, aveva una forma per lo più raccolta attorno ad un’asse centrale ed era sempre arricchito da absidi e nicchie. I bagnanti, dopo le abluzioni in acqua calda, potevano rinfrescarsi con l’acqua contenuta nel labrum, una conca continuamente rifornita di acqua fredda situata in una della pareti absidate del calidarium.
Una parziale “ricostruzione” dei vani adiacenti, di cui si conservano i soli muri di fondazione, è stata possibile grazie ad una raffigurazione del primo ottocento conservata presso la Biblioteca Zelantea di Acireale e ad un acquarello settecentesco del noto viaggiatore francese Houel.
Alcuni di questi vani, per la precisione quelli pavimentati con tessere di mosaico, sono precedenti alla costruzione del tempietto, il quale si sovrappone ad essi. Bisogna postulare, quindi, due fasi costruttive. L’originario impianto termale, distrutto forse da un terremoto, sarebbe stato soppiantato da una nuova costruzione eretta con un lieve spostamento e utilizzando materiali di crollo del primo.
Questo luogo così ameno, che ha ispirato poeti antichi e recenti, meriterebbe di rivivere gli antichi splendori non certo come stazione termale in loco, poiché tale ruolo adesso appartiene alle Terme regionali di Acireale, alimentate dalle stesse acque utilizzate dai romani nelle terme di Santa Venera al pozzo, ma come sito archeologico regolarmente inserito nelle guide turistiche. Si auspica pertanto una maggiore solerzia da parte della Sovrintendenza alla Antichità, affinché vengano pubblicati i risultati di recenti scavi e l’area archeologica sia visitabile da pubblico non solo nelle poche ore domenicali.

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