Andrea Chénier al Teatro Massimo Bellini sino al 7 novembre

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Andrea Chénier al Teatro Massimo Bellini sino al 7 novembre

Al Teatro Massimo Bellini è andata in scena l’opera lirica “Andrea Chénier” con musiche di Umberto Giordano (1867-1948) e libretto di Luigi Illica (1857-1919). Diverse le sorprese dello spettacolo, che è in replica sino a mercoledì 7 novembre. La prima: per una improvvisa indisposizione dall’artista inizialmente previsto, il ruolo di Carlo Gérard è stato interpretato da Francesco Verna, baritono figlio della terra etnea (è nato a Paternò). Seconda sorpresa: il pubblico catanese ha associato l’abbigliamento allo specifico spettacolo e così sono state viste mise vagamente napoleoniche e giacche con il tricolore francese come pochette. Terza e ultima sorpresa: è stata confermata l’attualità dei classici, giacché “Andrea Chénier” -scritto nel 1895 e rappresentato per la prima volta nel 1896- contiene temi che fanno riflettere sulla situazione politica contemporanea.
La trama del melodramma prende spunto da un personaggio realmente vissuto – André Chénier (1762-1794) – poeta che sostenne dapprima la Rivoluzione Francese ma che, accusato di essere un controrivoluzionario, finì ghigliottinato nel periodo storico chiamato Terrore. Ispirandosi allo sfortunato intellettuale, l’opera suddivisa in quatto atti (detti quadri) accenna agli episodi salienti della biografia del poeta, un minore nel panorama letterario, che sarebbe rimasto tale se esso non fosse divenuto, un secolo dopo la morte, fonte di ispirazione per la coppia Giordano/Illlica. Il compositore e il librettista rivelano sin dalla prima scena tutte lo loro simpatie per il poeta “sovvertitor di cuori e di costumi”. Con il canto della Marsigliese come sottofondo prendono corpo gli ideali della Rivoluzione – libertà, fraternità, uguaglianza – mentre i miseri e gli affamati fanno irruzione in scena. Ma il popolo derelitto diventa popolaccio, come si vede andando avanti nello svolgimento del melodramma, sino all’epilogo della storia, con l’atroce condanna a morte per Andrea Chénier e per la sua bella, Maddalena di Coigny. Non manca infatti la storia d’amore e anche qui siamo di fronte al solito triangolo amoroso che vige nell’Ottocento nell’opera lirica: lui, lei e l’altro, ovvero il tenore, il soprano e il baritono, interpretati rispettivamente dall’armeno Hovhannes Ayvazyan, da Amarilli Nizza e dal già ricordato Francesco Verna (nelle recite del 31 ottobre, 3, 7 novembre vanno in scena il tenore Gianluca Zampieri, il soprano Cristiana Oliveira e il baritono serbo Dragutin Matić).
I cantanti hanno rivelato belle le voci e, seguendo le indicazioni di Giandomenico Vaccari, regista che crede molto nell’importanza del gesto nella recitazione, si sono mossi in scena in modo convincente. Velocissimi cambi di costume sono stati imposti ai coristi, ai quali è stato anche richiesto di fare qualche passo di danza. Diretti da Luigi Petrozziello, gli artisti del coro hanno così visto riconosciuto il loro valore di interpreti, ricevendo applausi, alla fine del terzo quadro.
Lo stile operistico verista, caratterizzato da arditezza e passionalità, è stato affrontato in modo controllato dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini, diretta da Antonio Pirolli. Ascoltando l’opera commuove sentire come Giordano si sia ispirato all’Otello di Verdi nelle note di coloritura di “Un dì all’azzurro spazio”. Anche l’aria di Carlo Gérard, nel primo quadro, quando enuncia la sua fede politica, ricorda molto il “Credo in un Dio crudel” di Iago nel secondo atto, sempre dell’Otello di Verdi.
La scenografia sorprende per la trovata dei quadri giganteschi, con cornici da cui sbucano i personaggi. Oscure nuvole, presaghe dell’imminente tempesta sociale che sta per abbattersi sulla Francia, sono effigiate nel primo quadro. Dopo la presa della Bastiglia, la scena cambia e su tutto e tutti incombe la figura gigantesca di Robespierre. La lugubre prigione è l’ultima scena dell’opera lirica; la coppia di amanti si scambia effusioni mentre aspettano il sorgere del sole, per andare mano nella mano verso la ghigliottina. Cantano “La nostra morte è il trionfo dell’amore”….. contenti loro! Anche questo è melodramma.

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